Qual era il rapporto tra i Templari e la Chiesa? Non c’è dubbio che nel corso dei secoli, le vicissitudini dell’Ordine dei Templari si siano rivestite di un fascino misterioso che mantiene ancora oggi vivo l’interesse su un’istituzione religiosa e militare, che è stata al centro della realtà storica di tutto il medioevo e ha prodotto una ricchezza immensa.
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L’Ordine dei Templari, la cui opera militare primaria fu quella di protezione dei pellegrini cristiani in Terra Santa, raccolse lungo la strada un grande rispetto, in contrapposizione con un senso di invidia e timore. Anche la Chiesa, dal canto suo, accolse con entusiasmo l’aiuto proposto da Payns ma non solo.
Era il 1128 e i vertici religiosi, riunitisi nel concilio di Troyes (Francia) rinonobbero i Cavalieri Templari come un nuovo ordine religioso. Ma come faceva la Chiesa a giustificare un’istituzione che, oltre ad aderire al credo cristiano, faceva uso delle armi?
Un contrasto che segnava nel profondo la distanza fra la cristianità e una classe di guerrieri che la Chiesa considerava dissoluti e spietati. Secondo la considerazione generale, l’Istituzione dei Templari altro non era che un tentativo per dare la possibilità a una classe senza principi di redimersi dai peccati.
Bernardo da Chiaravalle ebbe modo di esprimere il suo pensiero riguardo l’Istituzione dei Templari nel suo testo del 1128 “Liber ad Milites Templi de laude novae militiae“. Se da un lato li descriveva come canaglie miscredenti, dall’altro ne divenne un gran sostenitore, definendoli come i carnefici ufficiali di Cristo e assolvendoli dal peccato di uccidere i nemici della Chiesa.
A tal proposito, nel suo testo si fa riferimento al malicidio, ovvero all’autorizzazione ad uccidere i rappresentanti del male. Secondo la teoria del malicidio, non si trattava di un omicidio ma dell’eliminazione del male. L’atteggiamento di Bernardo non era proteso verso l’istigazione alla violenza, quanto invece ad una guerra che avrebbe garantito la pace:
“Certo non si dovrebbero uccidere neppure gli infedeli se in qualche altro modo si potesse impedire la loro eccessiva molestia e l’oppressione dei fedeli. Ma nella situazione attuale è meglio che essi vengano uccisi, piuttosto che lasciare senza scampo la verga dei peccatori sospesa sulla sorte dei giusti e affinché i giusti non spingano le loro azioni fino all’iniquità“
Nell’opera di Bernardo era chiara la duplice natura dei Cavalieri, impegnati a combattere sia il corpo del nemico e, allo stesso tempo, lo spirito maligno che in lui vive. Un altro riferimento alla duplice natura dei Cavalieri la troviamo nel passo in cui gli stessi vengono definiti miti come agnelli e, al tempo stesso, più feroci dei leoni, rendendo difficile per il religioso la scelta tra considerarli monaci o piuttosto cavalieri.
La regola del Tempio, suggerita probabilmente dal religioso, prevedeva per i Cavalieri una vita monastica, con la pratica del silenzio, le preghiere e nessun tipo di atteggiamento che potesse stimolare il desiderio di una avere una famiglia.
Erano un’istituzione religiosa, è vero, ma erano anche soldati del Signore. E, in quanto tali, facevano voto di non arrendersi per nessun motivo durante la battaglia.
Quando iniziarono le persecuzioni di Filippo IV nei confronti dei Templari e dopo che numerosi di essi vennero torturati e uccisi, nel 1312 la Chiesa prese una posizione ammettendo di non avere delle prove circa le accuse di eresia nei confronti dei Cavalieri.
Posizione che abbandonó a breve, per decretare lo scioglimento dell’Ordine dei Poveri Cavalieri del Tempio, dietro le insistenze del re.
L’ultimo Gran Maestro, Jacques de Molay, venne imprigionato a vita. La successiva dichiarazione pubblica di Molay, che riconosceva l’innocenza dell’Ordine dei Templari, fece scricchiolare qualche sedia del clero e gli costò la morte sul rogo.
Mentre Molay moriva, tra le fiamme giunse una duplice maledizione: al re e al papa. Ebbene, come aveva previsto la maledizione il papa morì dopo cinquanta giorni e Filippo IV entro un anno.