Era il 1 maggio 1947 quando la contabile Evelyn Francis McHale, dopo un salto dall’86esimo piano dell’Empire State Building, atterrò sul tetto di una limousine senza apparentemente subire alcun danno.

A pochi minuti di distanza Robert Wiles, uno studente di fotografia presente sul posto, scattò una fotografia destinata a diventare l’emblema del “più bel suicidio“, sebbene la morte non possa essere considerata con questi termini.

La 23enne Evelyn Francis McHale era una contabile americana impiegata presso la Kitab Engeaving Company in Pearl Street. Fu qui che conobbe Barry Rhodes, destinato a diventare il suo fidanzato.

Cosa spinse Evelyne a commettere quel gesto estremo? E, soprattutto come mai sul corpo della ragazza non c’era nessuna traccia dello spaventoso impatto con la lamiera dell’auto?

Evelyn McHale nacque a Berkeley (California) il 20 settembre 1923. La madre Helen soffriva di depressione e, dopo il divorzio, Evelyn e i suoi otto fratelli furono affidati al padre Vincent.

Quando la famiglia si trasferì a Tuckahoe nello stato di New York, Evelyn frequentò il liceo e, successivamente, entrò nel Women’s Army Corps. Dopo un periodo di stanza a Jefferson City (Missouri), Evelyn si trasferì a Baldwin dove trovò lavoro come contabile.

La morte di Evelyn McHale

Cosa portò alla morte di Evelyn? Ciò che sappiamo è che la ragazza il giorno prima della morte prese un treno da New York in direzione Easton (Pennsylvania) per incontrare il fidanzato.

Il giorno dopo, ritornata a New York, la ragazza si recò sul luogo di lavoro per gettarsi nel vuoto. Dopo un volo di 86 piani il corpo di Evelyn impattò sul tetto di un’auto parcheggiata a pochi metri da un agente della sicurezza che non ebbe il tempo di intervenire.

Il gesto estremo sollevò dubbi su quale potesse essere stata la causa che lo aveva scatenato. Anche Rhodes fu interrogato ma il ragazzo dichiarò di non aver notato niente di insolito nel comportamento della ragazza.

Sul luogo fu rinvenuto un biglietto d’addio nel quale Evelyn diceva:

Non voglio che nessuno dentro o fuori dalla mia famiglia veda nessuna parte di me. Potreste distruggere il mio corpo con la cremazione? Prego voi e la mia famiglia: non celebrate alcuna cerimonia per me né conservate alcun ricordo di me. Il mio fidanzato mi ha chiesto di sposarlo a giugno. Non credo che sarei una buona moglie per nessuno. Sta molto meglio senza di me. Dite a mio padre che ho preso troppo da mia madre.”

Come sue ultime volontà, Evelyn chiese di essere cremata senza alcun rito religioso ne sepoltura. Di Evelyn McHale, oltre alla tristezza per la sua breve vita, oltre alla violenza dell’impatto, il tetto sfondato, i finestrini in frantumi, resta lo scatto di Robert Wiles, che ha impresso per sempre un corpo disteso e senza respiro, ma intatto nella sua compostezza.