Abbiamo organizzato un itinerario di quattro giorni nel riminese all’insegna del fascino e del mistero e finalmente visiteremo di persona alcune località imperdibili. Il riminese, infatti, vanta una lunga serie di leggende e storie di fantasmi, per questo le nostre tappe saranno le seguenti:
La zona
Quest’angolo di Romagna è stato segnato dalle sorti della famiglia Malatesta, famiglia nobile tra le più influenti del Medioevo, che ha dominato sulla Signoria di Rimini dal 1295 al 1500. Sulle prime alture dell’entroterra riminese, a pochi chilometri dal mare, il territorio nasconde luoghi ricchi di bellezza, percorsi storici e misteri centenari.
Tutto l’occorrente per fare di questo luogo un itinerario ideale per una vera vacanza nel mistero. Non ci resta che iniziare questa nuova avventura!
Giorno 1
Partenza ovviamente all’alba, per noi si tratta di un viaggio di circa sei ore. Campo base di questa avventura sarà Rivabella (RM), località vicina sia a San Marino che al castello di Montebello.
Eccoci arrivati, in tempo per pranzo. Lasciamo la strada sul mare, dove intravediamo i numerosi stabilimenti balneari e subito lì troviamo il nostro albergo. Abbiamo scelto l’hotel Emma Nord, sembra molto carino.
La struttura si trova in posizione silenziosa e tranquilla, sebbene sia vicinissimo al mare, raggiungibile in pochi minuti a piedi. Ha il parcheggio auto gratuito, ma in questi giorni di fine agosto si trova posto anche nelle strade limitrofe.
All’interno abbiamo incontrato la proprietaria e il personale, tutti gentilissimi e disponibili. Le stanze dispongono di tutto ciò che occorre, sono inoltre curate e pulite. Un ringraziamento speciale al cuoco, ottime scelte di piatti cucinati con cura, compresa la buonissima e ricca colazione.
Sistemati e rimpinzati a dovere, è tempo di iniziare il nostro itinerario di quattro giorni nel riminese e partiamo proprio da San Marino.
Ad attrarre ogni anno migliaia di visitatori è il bellissimo centro storico, circondato dalle mura medievali, che si interseca in piccole viuzze di ciottoli di pietra. Sulle sommità del monte Titano spiccano le ben conosciute tre torri, risalenti al XI secolo.
Dopo la visita nel centro storico, proseguiamo la visita delle Tre Torri, iniziando dalla più antica, la Rocca Guaita, risalente all’anno 1000. Questa torre, costruita a strapiombo sulla roccia, aveva la funzione di punto di osservazione contro le incursioni nemiche.
San Marino rievoca il fascino dei tempi antichi, della magia e della suggestione. Anche qui, la stregoneria ha contribuito alla creazione di miti e leggende radicate ancora oggi nel tessuto popolare. Uno dei sentieri più battuti, infatti, è il famoso Sentiero delle Streghe, con il suo ponte in pietra. In questo luogo le streghe si davano appuntamento di notte per compiere i loro riti. La leggenda narra che tra loro ci fosse anche la principessa del vicino castello.
Proseguendo il percorso arriviamo alla Torre Cesta, che oggi ospita il Museo delle Armi Antiche. Infine, il sentiero termina alla Torre Montale, visitabile solo dall’esterno.
La leggenda
Nel Medioevo, l’influenza della superstizione sulla vita quotidiana era all’ordine del giorno. In particolare, la stregoneria era vista come un nemico da sconfiggere. Questo compito era riservato ai soldati, i quali cercavano di scovare le presunte streghe e tutto ciò che era ritenuto portatore di sciagura.
La leggenda racconta che tra queste presunte streghe ci fosse anche la castellana, la quale raggiungeva di nascosto il Sentiero delle Streghe per partecipare ai riti. Durante le serate, che non avevano nulla di malefico, venivano bruciati legni e fiori profumati e si levavano lievi canti e danze delicate.
Durante una di queste serate di luna piena, un giovane soldato passava nelle vicinanze e, viste le fanciulle, si fermò a lungo ad osservare le loro mosse. Ai primi raggi del sole, tornarono tutte verso le loro case, tranne la principessa che si fermò a lungo a parlare con il giovane. Così fece ogni notte, finché un giorno un’orda di soldati sterminò le streghe tranne lei, salvata dal soldato che sacrificò la vita per difenderla.
La principessa, straziata dal dolore, si gettò dalle mura del castello con un urlo tremendo, che sarebbe possibile sentire ancora oggi, ogni mattino d’inverno.
Fantasmi a San Marino
San Marino è un luogo ricco di mistero e per le viuzze del centro storico si possono fare incontri inquietanti e vivere esperienze straordinarie. Così come è accaduto a due ignari turisti che, guardando le fotografie scattate al Palazzo Ducale, si sono accorti di aver immortalato uno spettro tra le tende di una finestra.
Quanti fantasmi ci sono a San Marino? Sembra che gli spettri che si aggirano sulla sommità del monte Titano siano molteplici. Alcuni testimoni avrebbero avvistato una figura elegante che si aggirava nelle ore serali nei pressi del palazzo e un’altra dozzina di testimoni avrebbe assistito e segnalato anomalie, strane ombre e fenomeni inspiegabili.
Terminata la visita a San Marino non ci resta che fare il consueto brindisi propiziatorio perché questi siano giorni ricchi di fascino e mistero!
Giorno 2
La giornata inizia con un bel sole, così facciamo la nostra comparsa in spiaggia. La costa adriatica rievoca il ricordo della fanciullezza, lunghe corse sulla sabbia soffice e infuocata. Qualche ora di mare di certo non ci distrarrà da quello che è il nostro obiettivo principale: il mistero!
È pomeriggio e la nostra prossima tappa è la Rocca di Gradara. La raggiungiamo in breve tempo ed eccola lì, in tutto il suo splendore, il luogo dove Dante ha ambientato la vicenda amorosa dei suoi personaggi. Paolo e Francesca sono oggi conosciuti a prescindere dalla letteratura, fanno parte dell’immaginario popolare.
Il Castello di Gradara sorge in posizione incantevole, su una collina tra Romagna e Marche in netto dominio sulla vallata e sul mare. Durante la storia, Gradara è stata al centro delle diatribe tra le Casate e il Papato.
Appena entrati nel borgo ci fermiamo alla biglietteria dei camminamenti di ronda.
Avanzando sui camminamenti sentiamo tutta la forza della suggestione, alimentata ancora di più dalle testimonianze. Al Castello di Gradara, dal 2006 in avanti, si sarebbero registrati ben nove avvistamenti dei fantasmi di Paolo e Francesca. Le numerose testimonianze parlano di ombre gemelle, che apparirebbero per pochi secondi nel borgo muovendosi in perfetto sincronismo.
La leggenda
La storia della tragedia d’amore tra i due protagonisti viene narrata nel V canto dell’Inferno della Divina Commedia. Una giovane riminese, Francesca Da Polenta, viene data in sposa a Giangiotto Malatesta.
A conquistare il cuore di Francesca, però, è il fratello di Giangiotto, Paolo Malatesta. Tra i due nasce un amore clandestino, che finisce con la condanna a morte dopo essere stati scoperti da un servo.
La storia d’amore, finita in tragedia, è entrata nel racconto popolare e gli spiriti dei due giovani sembrano intenzionati a rimanere qui e rivendicare il loro amore.
La storia di Gradara
La costruzione del castello risale al XII secolo ad opera di Pietro e Ridolfo De Grifo. Il secolo successivo, con una bolla di Bonifacio VIII, Malatesta da Verucchio, detto il Centenario, si appropria della torre dei De Grifo e la adibisce a mastio della Rocca attuale.
Tra il XIII e il XIV secolo, i Malatesta fanno costruire la Fortezza e le due cinte murarie. Il dominio della Rocca passa dalla famiglia Borgia (1500-1503), Della Rovere (1513-1631). Successivamente viene amministrata dal papato, poi proprietà comunale fino al 1920, anno in cui viene acquistata dall’Ing. Zanvettoni di Belluno.
Dal 1983 la Rocca di Gradara è interamente visitabile e aperta al pubblico. Al suo interno si alternano molte sale, con gli arredi dell’epoca, arazzi e dipinti alle pareti, letti e drappeggi.
La lunga passeggiata per il borgo ci ha sfiniti. Rientriamo in hotel e ci prepariamo ad una bella cenetta. Per domani è in programma la visita al Castello di Montebello e le previsioni del tempo non annunciano niente di buono…… presagio? Cosa sarà mai un temporale, forse riuscirà a rendere ancora più suggestiva la visita? Non stiamo più nella pelle, così passiamo la serata a rileggerci la leggenda.
Giorno 3
Appena aperti gli occhi, capiamo subito che oggi sarà una giornata diversa dal solito. Nubi e un cielo grigio ci preannunciano ciò che succederà di lì a qualche ora. Infatti, il nostro breve viaggio verso il Castello di Montebello inizia sotto una pioggia scrosciante.
Dopo una ventina di minuti, finalmente è possibile avvistare la sagoma del maniero. Con il cielo così scuro e minaccioso l’atmosfera si fa ancora più inquietante.
Anche quel 21 giugno del 1375 doveva esserci un tempo simile. In base ai racconti popolari, infatti, la piccola Azzurrina, che era sempre sorvegliata da due guardie, giocava nel castello probabilmente per via del brutto tempo o, più verosimilmente, per via del pregiudizio circa il suo aspetto.
Purtroppo si tratta di una storia molto triste e quando sono coinvolti i bambini, allora diventa ancora più impressionante. La leggenda la conosciamo tutti, raccontata sempre con le stesse parole che quasi diventano noiose. Lo abbiamo fatto anche noi tempo fa, potete dare un’occhiata al nostro articolo qui.
Nel frattempo ci siamo avvicinati alla meta, una fitta nebbiolina circonda il monte sopra al quale giace possente il castello. Una volta arrivati sulla cima, cerchiamo un posto per l’auto e lo troviamo subito. Sarà per via del brutto tempo ma di visitatori se ne vedono ben pochi.
Prima di intraprendere la salita, la tappa obbligatoria è sotto al cartellone che raffigura il volto di Azzurrina, così come è stato interpretato in stato di trance medianica dalla pittrice e sensitiva Novella Parigini a metà del ‘900.
Cosa dire sulla presenza del fantasma? C’è ovviamente chi è più scettico e non ci crede e chi, invece, forse suggestionato dai racconti, ha una predisposizione in più a percepire anche la più piccola vibrazione. Sta di fatto che per noi qualcosa è successo al Castello di Montebello.
Aveva smesso di piovere, tutt’attorno era completamente deserto e regnava un silenzio irreale. Prima di incamminarci sulla salita in pietra, un suono improvviso e quasi impercettibile: “oh“. Non lo abbiamo sentito tutti, ma tutt’attorno era così deserto, così silenzioso e irreale!
La leggenda di Azzurrina
Cosa sappiamo di certo sulla leggenda di Azzurrina? A parte il fatto che, come dice la guida, il racconto è stato trasmesso oralmente di generazione in generazione per secoli, non c’è niente di scritto. L’unica traccia scritta è una raccolta intitolata Mons belli et Deline, che raccoglie storie popolari della bassa Valmarecchia, ma nessuno può dire di averlo mai visto di persona.
Partendo dal presupposto che non è possibile affermare che Azzurrina sia mai realmente esistita, dobbiamo accontentarci del fatto che le prime menzioni della leggenda risalgono al 1989, anno in cui il castello è stato aperto al pubblico dopo un importante restauro da parte della famiglia dei conti Guidi di Bagno.
Qualche documento parla in generale delle leggende legate al castello, in particolare le Memorie sul Castello di Montebello di Romagna, di Tommaso Molari, in cui si fa qualche riferimento: “La leggenda popolare vi intesse intorno il suo mondo di spiriti e di folletti, tanto che, nella notte, chi vi si attarda, sente salire dai trabocchetti rumori strani, tonfi e vagiti paurosi di anime chiedenti pace“.
La visita
La nostra visita al castello di Montebello inizia una volta entrati nel portone principale. Ci colpisce la regolarità del sentiero e la semplicità dell’architettura, ben lontana dagli ultimi manieri che abbiamo visitato.
Entriamo finalmente nel cortile interno del maniero. Ha appena smesso di piovere e le pietre sono ancora bagnate e luccicanti. Mentre attendiamo la nostra guida ne approfittiamo per scattare qualche fotografia.
Al castello, che poggia le fondamenta sul picco del monte, si accede tramite un ingresso formato da due archi a sesto acuto che introducono nel cortile. L’edificio è composto da due parti ben distinte, da un lato la struttura più antica di disegno medievale, mentre a levante la parte più nuova con caratteristiche residenziali.
Ecco arrivare la nostra guida, che va a frapporsi tra il portone d’ingresso e la breve scalinata. Mentre la guida inizia il suo racconto, sentiamo il vento fischiare forte nel cortile e intrufolarsi tra gli spiragli delle finestre e delle porte producendo un suono inquietante.
Il racconto della guida, a parte un breve riassunto sulla storia del castello, è incentrato sulla leggenda di Azzurrina e termina con l’ascolto delle registrazioni fatte al castello nel corso degli anni. Le registrazioni sono state effettuate a castello completamente chiuso, precisa la guida.
Ascoltiamo le registrazioni, lo sfondo è quello del temporale, un pianto infantile a singhiozzo ed infine un suono che ricorda il battito cardiaco (la guida precisa che il suono è stato studiato e gli esperti hanno escluso che si tratti di un battito cardiaco, che ha caratteristiche diverse).
In un altro audio si sente chiaramente il rumore del passaggio di un aeroplano, i suoni si ripetono con il pianto di una voce infantile, una sillabazione della parola mamma ed un breve urlo. La registrazione del 2005 riproduce rumori incomprensibili e termina con il suono vocale del nome Aloisio (Luigi).
Sinceramente ascoltare le registrazioni non ci ha colpito particolarmente, non abbiamo sentito il brivido che abbiamo immaginato molte volte. Si è trattato di un atto abbastanza sbrigativo da parte della guida, che ha sottolineato che ognuno è libero di credere o meno, quasi a volersi risparmiare possibili domande.
Nessuno ne ha poste, così la guida ci ha salutato, avvisandoci che avremmo proseguito il nostro percorso da soli attraverso una porticina sulla sinistra dell’ingresso. Una volta entrati, il gruppetto già abbastanza esiguo si è ulteriormente suddiviso e finalmente abbiamo potuto concentrarci sulle sensazioni che il castello poteva trasmetterci.
Durante il percorso di visita siamo entrati nella sala nobile, dove al centro è collocato un tavolo in legno di rovere che risale al 1800. In questo luogo, considerato come una delle aree più ricche di energia, sono state fatte diverse sedute spiritiche. È stato proprio durante una di queste sedute, era il 1995, che il tavolo si è alzato da terra.
Poco più in là, forse suggestionati da ciò che sappiamo sia successo nel 1994, sentiamo un brivido sulla pelle. Un custode del castello era impegnato nelle pulizie del pavimento quando, alzando gli occhi, ha visto una figura femminile capovolta che camminava sul soppalco in legno.
Gli ci sono voluti parecchi giorni per riprendersi da questa esperienza sconvolgente ma alla fine ha deciso di raccontare quanto visto. Ancora oggi ci sono delle piccole tracce sul legno, sarebbero le impronte lasciate dal fantasma.
Ci spostiamo, questa volta abbiamo di fronte una parete ricoperta da un gigantesco albero genealogico della famiglia Guidi dal 923 al 1613. Si tratta di un dipinto ad olio seicentesco. Meraviglioso! Di lì a breve siamo di fronte ad un quadro, si tratta del senatore Giuseppe Guidi, il suo sguardo si dice che ti segua. Personalmente, ci è capitato spesso di riscontrare questa particolarità in altri quadri, quindi non ci stupisce molto.
Ci dovevamo arrivare prima o poi ed eccola lì, la famosa cassapanca con lo schienale color rosso sangue. Si dice che molti visitatori, di fronte a questa tavola islamica, si siano sentiti male. Qui qualcosa abbiamo sentito, una strana sensazione, come un’inquietudine.
Sarà per il fatto che questa tavola rappresenta una prassi inqualificabile che veniva utilizzata presso le tribù come un riprovevole controllo delle nascite, ma davvero qui si respira un’aria pesante e si percepisce un malessere generale.
Forse lo abbiamo detto già molte volte, ma ci teniamo a ribadire che non ci consideriamo conoscitori del paranormale, ma così come ci piace il mistero, alle volte ci lasciamo vincere dalla tentazione di utilizzare quelle applicazioni sul cellulare che conosciamo tutti. Ebbene, in questa zona, l’indicatore è arrivato alla luce rossa!
Eccoci sul camminamento. Al termine di questo percorso abbiamo scattato alcune fotografie e, tra queste, ne vedrete una dove compare una piccola anomalia. Come di consueto, il flash era disattivato ma sullo scatto che segue potete vedere una piccola forma luminosa che a occhio nudo non era presente. Anche più sotto c’è come una specie di riga verticale.
Abbiamo pensato a un malfunzionamento dell’obiettivo della camera del cellulare, ma successivamente ha continuato a fare fotografie perfette. Forse il fatto che avesse da poco smesso di piovere? Qualche gocciolina di acqua o vapore sospeso? Bah, noi non sappiamo rispondere, ma la cosa ci è sembrata un po’ strana onestamente.
Sicuramente ci sarà una spiegazione a questo fenomeno, cercando un po’ sul web abbiamo individuato delle macchioline simili ma non abbiamo alcuna certezza sull’origine della nostra.
Proseguiamo dunque e procediamo in direzione del luogo più atteso: la ghiacciaia! È qui che qualsiasi amante del mistero desidera arrivare. Vedere con i propri occhi il quadro che rappresenta la piccola protagonista della leggenda del castello di Montebello.
Eccoci nel luogo di Azzurrina, il luogo dove probabilmente si è consumata la tragedia che ha causato la scomparsa e la morte della bambina. In questa stanza siamo riusciti a rimanere da soli per diversi minuti ma, nonostante fossimo in ascolto di qualsiasi impercettibile segnale, non è accaduto nulla.
Anzi, in questa stanza abbiamo avvertito come una profonda e confortante sensazione di calma e di tranquillità, una pace vera. Il silenzio ci ha avvolto completamente, in un raccoglimento quasi di preghiera come quello che si raggiunge all’interno di una chiesa. Nessuna paura, nessuna inquietudine, ma un silenzio purificante.
Prestate attenzione alla sequenza, dopo aver scattato la fotografia al quadro di Azzurrina, che vedete qui sopra, abbiamo scattato altre fotografie, ma all’uscita avremo una sorpresa inaspettata!
Purtroppo la nostra visita è terminata, ci ritroviamo all’ingresso dove altri visitatori attendono il loro turno. Ripercorriamo la discesa ed usciamo dal portone. Ma, prima di percorrere l’ultimo tratto di sentiero in pietra, ci voltiamo un ultimo istante per immortalare la torre circolare. Aperta l’applicazione delle foto, lo schermo del cellulare si presenta dello stesso azzurro della stanza della ghiacciaia.
Ora, o la telecamera del cellulare ci sta lasciando, oppure si tratta di una stranezza mai capitata. Comunque, per scattare la fotografia che vedete qui sotto è stato necessario chiudere e riavviare l’applicazione, a quel punto tutto è tornato normale.
Al posto di rientrare in albergo, per cena decidiamo di fermarci per una bella pizza! Al Montecavallo di Rimini ci siamo trovati bene. Un localino curato con forno a legna e una pizza buona.
Giorno 4
Siamo quasi arrivati alla fine, così oggi visiteremo due castelli. Il primo è Santarcangelo di Romagna, bel borgo fortificato di impianto medioevale adagiato sul colle del Monte Giove. Il borgo si dirama in un fitto reticolo di viuzze.
Il Monte Giove è caratterizzato da una serie di grotte di tufo, probabilmente in origine utilizzate come depositi e cantine. La visita al borgo è stata molto bella, peccato che il castello fosse chiuso. Abbiamo incontrato un uomo che ne usciva serrando il portone, il quale ci ha detto che si tratta di una dimora privata, attualmente chiuso causa covid, che viene affittato per cerimonie solo su prenotazione.
Santarcangelo è uno dei luoghi dove sono stati registrati numerosi fenomeni paranormali. Ad aggiungere un po’ di mistero concorrono le dicerie sull’antico scopo delle grotte, qualcuno dice servissero per compiere riti proibiti e cerimonie sacrificali.
Un antico racconto popolare narra della leggenda dei telai. In una di queste grotte, ancora inesplorata, sarebbero custoditi molti telai d’oro, sorvegliati dagli spiriti dei loro trapassati possessori. Un’altra leggenda che circola a Santarcangelo è quella della dama bianca. Chi sarebbe costei? Secondo il racconto si tratterebbe dello spettro della bella Francesca da Polenta, uccisa per mano del marito Gianciotto Malatesta perché scoperta in compagnia dell’amante Paolo.
Ci sono molti testimoni che dichiarano di aver visto il fantasma della Dama Bianca per il borgo di Santarcangelo, sebbene la sua morte dovrebbe essere avvenuta altrove. Nelle notti senza luna, il fantasma di Francesca si aggirerebbe per i vicoli del borgo cercando il convento dove, secondo la leggenda, si sarebbe rinchiusa sua figlia distrutta dal dolore per la perdita della madre.
Nel centro del borgo, nei pressi del convento, sulla parete di una casa compare un bassorilievo in bronzo che raffigura proprio Francesca con la figlia Concordia.
Un’ultima immagine prima di lasciare Santarcangelo è quella della Torre Campanaria, che con i suoi 25 metri, dal 1893 rappresenta la sagoma del borgo e ci dirigiamo verso l’ultima tappa del nostro itinerario di quattro giorni nel riminese: Verucchio.
Anche a Verucchio c’è una Rocca Malatestiana e anche qui c’è una leggenda che ci aspetta. La Rocca viene chiamata Rocca del Sasso, per via della sua posizione di dominio su tutto il paese e il territorio circostante.
La Rocca di Verucchio è una delle fortificazioni malatestiane meglio conservate. Costruita nel 1449 da Sigismondo Malatesta, anche se alcuni scavi hanno permesso di ritrovare antichi sotterranei risalenti al XII secolo.
Dalla cima del borgo si gode di un panorama a tutto tondo sul crinale appenninico e sulla costa adriatica. Vi arriviamo percorrendo un sentiero acciottolato che ci introduce nel nucleo racchiuso nella prima cinta muraria.
Percorriamo ancora qualche centinaio di metri ed eccoci finalmente di fronte al cancello d’ingresso al castello. Appena dentro troviamo la biglietteria e scopriamo che la visita sarà in piena autonomia, senza alcuna guida. Superato il cancello, ci attende la corte esterna, sulla nostra destra la torre dell’orologio e sulla sinistra il castello. Di fronte si può ammirare un panorama meraviglioso che arriva fino al mare.
All’interno della torre dell’orologio è stato allestito un piccolo spazio con gli utensili da cucina dell’epoca.
Avanziamo quindi tra le sale del castello, notando che non ci sono telecamere e nemmeno altri visitatori. Percepiamo fin da subito una strana sensazione, come chi rimane dentro ad un castello dopo la sua chiusura ai visitatori. Ci sono porticine in legno chiuse con il chiavistello ma senza lucchetti o catenacci, come siamo soliti vedere.
Poco dopo l’ingresso ci imbattiamo in un modellino con la ricostruzione del borgo e del castello. In un’altra sala, invece, c’è una panca e un tavolino d’epoca con il calamaio, dove precedenti visitatori hanno lasciato traccia del loro passaggio. Come al solito, facciamo un gran casino con i percorsi di visita, ci capita infatti di rientrare più volte nelle stesse stanze, problemi di orientamento?
Forse no, infatti prima o poi ci ritroviamo di fronte a quella porta in legno con il chiavistello senza lucchetto e la tentazione di vedere cosa c’è dentro è troppo irresistibile. Niente! Un vano buio ricoperto di ragnatele adibito a deposito di sedie e materiale vario.
Saranno veri quei libri? Non ci siamo azzardati a toccarli! Arriviamo finalmente nella Sala Grande, che accoglie un imponente albero genealogico dei Malatesta. In questa stanza avvertiamo una sensazione particolare, si respira un’aria pesante e ci sono forti correnti d’aria che percorrono tutto il tragitto di visita.
Uscendo dalla Sala Grande si giunge ad un terrazzo panoramico, al centro del quale vi è un pozzo e una statua. Da qui si ha accesso, attraverso una serie di scalette, ai sotterranei.
Se abbiamo ben capito, le segrete sono state ricavate in un’antica cisterna quattrocentesca utilizzata per la raccolta dell’acqua e posta ai piedi della torre diroccata del Mastin Vecchio. È qui che scendiamo, non senza una certa preoccupazione. Il percorso, infatti, non avverte per quanto scenderemo ne dove stiamo andando.
Scendiamo una scalinata circolare stretta in pietra che ci conduce all’interno di alcuni ambienti molto ben conservati che, scopriremo più tardi, sono stati scoperti a seguito di alcuni scavi.
Ci sembra di avanzare nel cuore della terra, senza una guida si ha come l’impressione di essere sul punto di perdersi.
Non sappiamo fino a che livello si spingono i sotterranei, quindi procediamo con cautela. Ad un certo punto, però, capiamo di essere arrivati sul fondo del cunicolo, il quale termina con una prima stanza dove nella pietra sono ancorati quelli che sembrano antichi strumenti di tortura.
È qui dentro, in questa stanza che sentiamo di nuovo quella strana sensazione, un’aria quasi rarefatta. Una catena è collegata a quello che ha l’aspetto di un argano.
Chissà se questi strumenti venivano usati per appendere animali o erano destinati ai prigionieri? C’è anche una struttura in legno, probabilmente un’arcaica rete in doghe per il letto.
L’ultimo ambiente, chiuso sul fondo, è una stanza che contiene un altro giaciglio e ha un’apertura di luce verso l’esterno. Chissà, forse questi ambienti sono stati utilizzati come prigioni, come luogo delle torture o, ancora più drammaticamente, è dove venivano uccisi i nemici? Comunque sia, tiriamo un bel respiro una volta ritornati in superficie.
Scendendo lungo il sentiero che attraversa il borgo ci viene in mente la leggenda di Verucchio. Si racconta che durante le notti invernali, il carro fantasma dei Malatesta trainato dai buoi, percorrerebbe i vicoli del paese prima di cadere nel dirupo che porta al fiume Marecchia.
Ritorniamo sui nostri passi ed è ora di fare le valigie e tornare a casa. Questi pochi giorni nel riminese sono stati molto intensi, ci hanno lasciato sensazioni uniche e ricordi che resteranno di sicuro indelebili.