Jimi Hendrix è stato il precursore della musica rock attraverso il rinnovamente dell’uso della chitarra elettrica e la fusione del rhythm and blues con il blues, il soul, la psichedelia e l’hard rock. Jimi Hendrix ha anche un triste riconoscimento, cioè con la sua morte è entrato a far parte della maledizione del Club 27.
Una delle immagini che in molti hanno impresso nella mente è la fine del concerto di Monterey nel 1967, quando Hendrix diede fuoco alla sua chitarra sul palco, o quando nel 1969 interpretò la sua originale versione dell’inno americano al concerto di Woodstock. Una carriera interrotta troppo presto, forse a causa della maledizione del Club 27.
Nato a Seattle il 27 novembre 1942, Hendrix è morto a Londra il 18 settembre 1970 all’età di 27 anni. Nonostante la sua breve carriera, come riporta una classifica di Rolling Stone, Jimi Hendrix si è aggiudicato il primo posto tra i 100 migliori chitarristi di tutti i tempi.
La morte
Per anni si è attribuita la causa della morte di Jimi Hendrix al consumo di droga. La verità è che Hendrix è morto a seguito dell’eccessiva assunzione di tranquillanti che gli ha provocato un conato di vomito che lo ha soffocato.
Al momento della disgrazia, con Hendrix c’era la fidanzata Monika Dannemann che ha chiamato i soccorsi e accompagnato il musicista in ospedale. Una volta giunti in ospedale, la situazione è peggiorata irreparabilmente a causa del tardivo intervento di medici e paramedici. In sostanza, è stata sottovalutata la gravità delle condizioni di salute dell’artista.
Era la notte del 18 settembre 1970 quando al St Mary Abbot’s Hospital (Londra) Jimi Hendrix veniva dichiarato morto per asfissia. L’autopsia ha confermato che non erano presenti segni di aghi sul corpo, ne droga nel suo stomaco. Solo i barbiturici e un solo bicchiere di vino, che probabilmente ha provocato il conato.
Si può dire che Hendrix sia stato abbastanza sfortunato, in realtà si trattava di una situazione che poteva essere risolta, senza il ritardo dei soccorsi i quali non capirono bene cosa fosse successo.
Il mito della droga
Ad accompagnare il personaggio di Jimi Hendrix c’è stata tanta sfortuna sicuramente ma tanto hanno fatto anche i media, che con i loro pregiudizi hanno ricamato la sua immagine con elementi fuori luogo. D’accordo, il mondo musicale dell’epoca pullulava di droga. Erano anni in cui Lsd, hashish e marijuana circolavano negli ambienti musicali, ma etichettare un personaggio con il demone della droga è tutta un’altra cosa.
La vita
Jimi Hendrix è nato in una famiglia di origini umili e ha presto imparato l’arte dell’arrangiarsi. Dopo la morte della madre, il padre gli regalò una chitarra ma lui era mancino. Non si perse d’animo e con naturalezza rovesciò lo strumento e la utilizzò così.
Hendrix iniziò ad esibirsi nei Chitlin’ Circuit, i locali dove si esibivano gli astri emergenti della musica afroamericana. Le sue prime band furono i Velvetones e Rocking King, fino agli inizi degli anni Sessanta quando iniziò la sua ascesa esponenziale e inarrestabile verso il successo.
I momenti sacri della sua carriera, come l’esibizione all’isola di Wight di fronte a 600mila persone o la sua partecipazione al concerto di Woodstock, ne hanno fatto una leggenda vivente. Una carriere musicale piuttosto breve, una fine segnata da una morte troppo precoce che poteva essere evitata.
Abbastanza inquietante è il fatto che l’anno prima della sua morte (1969), Jimi Hendrix si fece leggere la mano da una chiaroveggente mentre si trovava in viaggio in Marocco. La donna gli predisse la morte prima dei trant’anni e Hendrix fu molto turbato da quel fatto.