Partiamo per un’escursione per scoprire i luoghi dei Promessi sposi, lungo le rive del Lago di Como. È una mattina di primavera a tratti soleggiata quando arriviamo alla rotonda di accesso al “terzo ponte” e ci troviamo di fronte al primo dei simboli che ricordano il romanzo manzoniano.
Si tratta della rotonda di accesso al “terzo ponte”, dove è stata posta agli sguardi curiosi degli automobilisti una rappresentazione in acciaio zincato raffigurante l’imbarcazione di Renzo e Lucia. Basta poco per essere già immersi nell’atmosfera del borgo fortificato di allora.
Dopo aver parcheggiato, proseguiamo il nostro percorso a piedi nella cittadina di Lecco verso la prima delle tappe manzoniane: la Casa di Lucia, o meglio, una delle due presunte case che potrebbero essere state la dimora della famiglia Mondella. È proprio Manzoni, nel II capitolo del suo romanzo, a fare una bella descrizione di quell’architettura lecchese, semplice, un edificio su due piani con le scale di legno e il ballatoio.
Edifici di questo tipo, con queste caratteristiche ne sono stati individuati due, una ad Acquate ma ospita un’osteria ed è visibile solo ai clienti. L’altra si trova nel rione Olate e, secondo noi, è la più suggestiva. Essendo oggi una residenza privata, spesso il portone in legno che da accesso al cortile interno è chiuso. Come l’abbiamo trovato oggi? Chiuso ovviamente.
Va bè, pazienza. Proseguiamo e, a poca distanza, scorgiamo la Chiesa di Don Abbondio. Anche qui ci sono due presunte chiese nelle quali il prete avrebbe sposato Renzo e Lucia. La chiesa di San Giorgio ad Acquate e quella nella foto sotto, la chiesa dei Santi Vitale e Valeria, che la tradizione vuole come il luogo in cui i giovani Renzo e Lucia coronarono il loro sogno d’amore, vista anche la vicinanza con la casa della sposa (50 metri).
Lasciata la chiesa proseguiamo per una bella camminata tra le strade di Lecco fino ad arrivare ad un crocevia che ci lascia un po’ delusi: il Tabernacolo dei Bravi.
Del Tabernacolo resta questa targa, in ricordo del famoso passo dei Promessi Sposi e nulla più. Un viottolo si allunga sulla sinistra e un secondo passaggio è sbarrato da una porta in ferro. Questo è il luogo dove tutta la tormentata trama del romanzo ebbe inizio, proprio dall’incontro del timoroso Don Abbondio con i bravi il 7 novembre 1628:
Dopo la voltata, la strada correva diritta, forse un sessanta passi, e poi si divideva in due viottole, a foggia d’un ipsilon: quella a destra saliva verso il monte, e menava alla cura: l’altra scendeva nella valle fino a un torrente; e da questa parte il muro non arrivava che all’anche del passeggiero. I muri interni delle due viottole, in vece di riunirsi ad angolo, terminavano in un tabernacolo, sul quale eran dipinte certe figure lunghe, serpeggianti, che finivano in punta, e che, nell’intenzion dell’artista, e agli occhi degli abitanti del vicinato, volevan dir fiamme; e, alternate con le fiamme, cert’altre figure da non potersi descrivere, che volevan dire anime del purgatorio: anime e fiamme a color di mattone, sur un fondo bigiognolo, con qualche scalcinatura qua e là. Il curato, voltata la stradetta, e dirizzando, com’era solito, lo sguardo al tabernacolo, vide una cosa che non s’aspettava, e che non avrebbe voluto vedere.
Lasciamo Lecco verso l’altra meta di oggi: il castello dell’Innominato, dove Lucia fu tenuta prigioniera. Quel che resta del castello si trova a Verculago, sulla rocca di Somasca. Anche in questo caso, nei Promessi Sposi non vi è una precisa localizzazione del castello, Manzoni non da nessuna indicazione, anzi scrive “del nome, nulla”.
Prima di intraprendere la lunga scalinata che ci porterà in cima, diamo uno sguardo alla vetta dove spicca in tutta la sua imponenza quel che resta del castello dell’Innominato e il Santuario. La scalinata è ancora quella originaria ed è scavata direttamente nella roccia. Ad intervalli regolari, sulla destra sono disseminate delle piccole cappelle con affreschi raffiguranti la vita e le gesta di San Girolamo Emiliani.
Prima di arrivare all’ingresso, sempre sulla destra abbiamo incontrato la Scala Santa, un percorso molto ripido composto da 101 gradoni, costruito dal Santo e percorso dai pellegrini in ginocchio. I fedeli usano fermarsi ad ogni gradino e recitare una preghiera. Al termine del percorso si giunge all’Eremo scavato nella roccia, dove San Girolamo si ritirava in preghiera.
Eccoci giunti in prossimità dell’ingresso del Santuario, dove si ha accesso ad un bellissimo cortile che regala una vista magnifica sul lago. Una breve visita alla Chiesa della Risurrezione, con la Cappella di San Girolamo ricavata in una grotta naturale alla quale è stata costruita la chiesa. Poco distante vi è una cappella con la Sala della Fonte, una sorgente d’acqua ritenuta un miracolo del santo, il quale avrebbe toccato la roccia e fatto scaturire acqua per gli orfanelli in un periodo di siccità.
Lasciamo il Santuario e proseguiamo in salita su per il sentiero segnato che ci porta, dopo altri 5/10 minuti ai resti della fortezza. Il castello dell’Innominato risale al Trecento ed è stato un possedimento della famiglia Visconti. Nei Promessi Sposi, per il suo personaggio dell’Innominato, sembra che Manzoni si sia ispirato a Bernardino Visconti, le cui sorti criminose e di redenzione non si scostano di molto da quelle del personaggio manzoniano.
Dell’antica fortezza oggi restano intatti il muro perimetrale, una parte dei bastioni difensivi e qualche torre. Alla distruzione di ciò che manca hanno contribuito le cannonate sparate durante le battaglie dei francesi contro gli austro-russi nel 1799.
Lasciamo questo panorama mozzafiato e riprendiamo la via di ritorno, questa volta da un altro sentiero che scende dolcemente lungo le mura della fortezza e ci riporta sui nostri passi. Ad un certo punto ci troviamo in cima alla Scala Santa, che decidiamo di non percorrere in discesa seguendo le prescrizioni lette su una targa. Una breve svolta e ripercorriamo la scalinata che ci porta verso il parcheggio. Prima di lasciare questo posto meraviglioso, un’ultima foto alla Basilica di San Bartolomeo e San Girolamo con la sua bella scalinata.
Una volta rientrati in auto e ripresa la strada di casa, un ultimo sguardo alla superficie liscia delle acque del lago. Una speranza? Forse, quella di scorgere un’increspatura particolare, un segno della presenza del mostro marino.