Siamo a Milano, per scoprire le leggende e i misteri di Villa Simonetta, una dimora che rappresenta un importante esempio architettonico di prima villa patrizia rinascimentale monumentale nei pressi di una città. Il luogo dove sorge Villa Simonetta, oggi pienamente inglobato nel tessuto urbano del centro cittadino, all’inizio del XVI secolo era uno spazio rurale, così come ci si percepisce dalle parole di Marc’Antonio dal Re:

Villa detta la Simonetta
In distanza di quasi due miglia dalla città di Milano verso tramontana vedesi la celebre villa detta la Simonetta, per essere posseduta dalla nobilissima Casa Simonetta. Questa è di struttura antica mentre fu fabbricata verso la metà del decimo sesto secolo, e di quei tempi portava il vanto d’essere delle più famose d’Italia”.

Cosa ci ha incuriosito di Villa Simonetta? Prima di tutto la sua leggenda che parla della presenza del fantasma di Clelia, figlia della omonima famiglia Simonetta, da cui la villa prese il nome, ma soprattutto per l’oscuro e torbido mistero che si cela dietro la sparizione di ben undici ragazzi milanesi.

Al tempo Villa Simonetta viveva i fasti e i fervori della Milano barocca, con feste che però andavano ben al di là della semplice goliardia. Si racconta che i festini alla villa fossero così spinti da creare imbarazzo alla mentalità perbenista della cultura cittadina di allora. Se ci aggiungiamo che queste attività causarono la scomparsa di così tante persone, mai più ritrovate, ecco che sulla dimora scende un’ombra cupa che ne disturba lo splendore.

La storia di Villa Simonetta

La costruzione di Villa Simonetta fu voluta da Gualtiero Bescapè alla fine del Quattrocento, il quale ordinò la costruzione di una villa che fosse la sua dimora una volta ritiratosi dalla corte di Lodovico il Moro. Infatti, questo fu il luogo dove il duca trascorse gli ultimi due anni di vita.

Alla morte di Bescapè la residenza passa in donazione alla famiglia dei Rabia fino al 1544 ed infine, dopo lavori di ristrutturazione, a Gian Paolo Cicogna. Nel 1547, quando Villa Simonetta fu acquistata da Ferrante Gonzaga, furono aggiunti corpi di fabbrica laterali verso il giardino e si delineò la caratteristica struttura a U. A Gonzaga si devono anche il portico a nove archi retto da pilastri e semicolonne addossate e le logge con balaustre ornate che si possono ammirare dalla strada.

Nel 1555, Gonzaga rientrò presso la corona spagnola e la villa fu acquistata dalla famiglia Simonetta, dalla quale prese il nome. Agli inizi del XIX secolo, la residenza viene considerata un luogo di delizia nascosto da occhi indiscreti, sede di scorribande della compagnia della teppa.

Nel 1836, inoltre, un cambio di destinazione d’uso vede la trasformazione di Villa Simonetta prima in ospedale per malati di colera, poi fabbrica di candele, officina meccanica, casa operaia, caserma, falegnameria ed infine osteria. Verso la fine del secolo, i lavori della ferrovia minano severamente il bel giardino all’italiana retrostante alla villa e segnano l’inizio di un inesorabile declino.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, la villa viene abbandonata e parzialmente distrutta. È solo nel 1959 che il Comune di Milano, divenutone proprietario, inizia insieme agli abitanti della zona una bonifica ambientale e un delicato restauro durato ben dieci anni. Nel 1970, al termine dei lavori, Villa Simonetta ritrova tutto il suo splendore e diviene sede della Civica scuola di Musica.

Clelia Simonetta

All’interno di Villa Simonetta, Clelia dava libero sfogo alla sua natura organizzando feste libertine nelle quali coinvolgeva i giovani più attraenti della zona. Mentre i racconti delle sue feste iniziavano a circolare sulla bocca di tutti, accadde un fatto gravissimo. Clelia, infatti, fu ritenuta colpevole della sparizione di undici ragazzi, scomparsi nel nulla, dopo aver messo piede a Villa Simonetta.

Tra le accuse si ipotizzò che i ragazzi fossero morti mentre partecipavano ai giochi di Clelia, ma i corpi dei giovani non furono mai ritrovati. Questo fatto rese il caso ancora più inesplicabile tanto da essere ricordato ancora ai nostri giorni.

Secondo la leggenda, il fantasma di Clelia si aggirerebbe ancora oggi tra i saloni di Villa Simonetta.

Compagnia della teppa

Abbiamo menzionato la Compagnia della teppa, un gruppo formato da giovani di buona famiglia, aristocratici e artisti, che fomentava i cittadini di Milano contro l’occupante austriaco. Il gruppo, che era la rappresentazione della degenerazione e della violenza gratuita, si divertiva a compiere i gesti più inqualificabili, tra cui molti scherzi di pessimo gusto.

Uno di questi gesti spregevoli fu il gettare un soldato con tutta la garitta di legno nelle acque del Naviglio perché si era addormentato durante la guardia. Ma la Compagnia della Teppa è conosciuta anche per un evento increscioso avvenuto all’interno dei saloni di Villa Simonetta.

Il capo del gruppo, conosciuto come Barone Bontemp, organizzò uno scherzo alle ragazze milanesi perché riteneva che si dimostrassero troppo carine nei confronti delle truppe austriache. Invitò molte fanciulle della Milano bene, promettendo una cena fantastica. Purtroppo, però, assoldò anche una schiera di accompagnatori tra nani, storpi e deformi.

Al suo comando, quest’orda di balordi iniziò a rincorrere le giovani fanciulle finché lo scherzo, portato all’estremo, non si trasformò in tragedia quando Gasgiott, il nano più famoso di Milano, estrasse un coltello e iniziò ad affondare la lama. La serata brava si concluse con alcuni feriti e da quel momento, con il termine teppista si identifica chi commette azioni violente o vandaliche.

Il mistero dell’eco di Villa Simonetta

Villa Simonetta è conosciuta anche per il mistero del suo eco. Marc’Antonio dal Re ricorda così il fenomeno che per tanto tempo ha caratterizzato questa costruzione:

Al presente ancora è riguardevol palazzo, e molto rinomato per tutta l’Europa, a cagione del suo prodigioso eco, il quale rispondendo replica la stessa voce sino a trenta e più volte. L’effetto però non siegue se no da un sito determinato, cioè da una finestra del terzo piano situata nel mezzo del fianco di ponente verso la parte interiore del cortile”.

La caratteristica dell’eco era molto conosciuta all’epoca e ha colorato numerose storie divertenti che ancora si raccontano in città. Durante il suo soggiorno a Milano nel 1816, anche Stendhal ebbe modo di testimoniare di aver udito l’eco del colpo della sua pistola per ben cinquanta volte. Purtroppo, con i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, che hanno danneggiato pesantemente la villa, questa caratteristica dell’eco è andata perduta per sempre.