Luigi Tenco

Apr 10, 2023

Era la notte tra il 26 e il 27 gennaio 1967 quando il 28enne Luigi Tenco fu trovato privo di vita all’interno di una camera dell’albergo Savoy di Sanremo. Una morte apparsa fin dai primi momenti sospetta e, dopo 56 anni ancora non del tutto chiarita.

A suscitare ancora più scalpore fu il fatto che il tragico evento avvenne durante la 17esima edizione del Festival della canzone Italiana, vinta poi da Claudio Villa e Iva Zanicchi.

Secondo la tesi ufficiale si trattò di suicidio, ma le dinamiche dell’accaduto lasciarono da subito molti dubbi soprattutto tra gli ammiratori di Luigi Tenco e nell’ambiente musicale.

«La mia più grande ambizione è quella di fare in modo che la gente possa capire chi sono io attraverso le mie canzoni, cosa che non è ancora successa».

Si fecero molte supposizioni, si parlò di una relazione sentimentale del cantautore con Dalida e di una presunta depressione.

La ricostruzione degli ultimi giorni di Tenco

Luigi Tenco arrivò a Sanremo il 23 gennaio per partecipare al Festival di Sanremo. Come dirà un suo caro amico, Fabrizio De André, Tenco non era molto entusiasta dell’evento.

Partecipava con «Ciao amore ciao», canzone che avrebbe cantato con la cantante francese Dalida. Si sussurrava che i due artisti avessero una relazione, ma fu la madre di Tenco a smentire la notizia.

L’eliminazione di «Ciao amore ciao»

Il 26 gennaio ci fu la prima serata del Festival condotto quell’anno da Mike Bongiorno. Tenco salì sul palco verso la fine, era poco prima di mezzanotte.

Dopo l’esibizione di «Ciao amore ciao», la canzone fu eliminata dalla giuria a causa degli esigui voti ricevuti (38 su 900). Durante il ripescaggio non andò meglio, infatti il presidente di commissione Ugo Zatterin preferì il pezzo di Gianni Pettenati «La rivoluzione».

Il ritorno in albergo

Tenco accolse l’eliminazione del suo pezzo con molta delusione. Lasciò l’Ariston in compagnia di Dalila che accompagnò al ristorante «U’ Nostromo», dove la casa discografica aveva prenotato la cena. Il cantautore però non si fermò al ristorante e proseguì verso l’albergo.

Stando alle ricostruzioni, Tenco si ritirò direttamente nella sua camera, la 219. Da qui effettuò una prima telefonata al capo della RCA ma senza ottenere risposta. La seconda chiamata fu alla fidanzata e si concluse all’incirca all’1 del 27 gennaio.

Il corpo senza vita di Luigi Tenco fu trovato da Dalida alle 2.10 del mattino. Il cadavere presentava una ferita da arma da fuoco alla tempia.

Fu ritrovato anche un biglietto scritto a mano, che diverse perizie in seguito attribuirono a Tenco: «Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda “Io tu e le rose” in finale e ad una commissione che seleziona “La rivoluzione”. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi».

Indagini sommarie e chiusura del caso

Fin da subito si delinearono dei particolari abbastanza insoliti, degli aspetti che, forse, non furono trattati con il rigore necessario e tanti dubbi, che purtroppo non furono mai chiariti.

Primo tra tutti, il fatto che la polizia fu avvisata solo alle 2.45. Il caso fu chiuso nel giugno 1967 come suicidio, ma molte le domande che rimasero senza risposta.

Perché sul corpo di Tenco non fu eseguita l’autopsia? Perché non fu analizzato il proiettile, ne la pistola che uccise il cantautore? Ricordiamo che Tenco deteneva regolarmente una Walther Ppk 7.65 per difesa personale.

I dubbi e le domande sulla morte di Tenco continuarono negli anni fra mille supposizioni, finché qualcuno riuscì a fare riaccendere i riflettori sul caso.

Grazie a due giornalisti, Marco Buttazzi e Andrea Pomati, fu rintracciato il fascicolo della polizia di quasi trent’anni prima: le fotografie scattate all’epoca sul cadavere, il particolare delle sue gambe poste sotto al cassettone in una posizione innaturale per un suicida.

Fu così che i due giornalisti scoprirono che il cadavere era stato spostato prima che fossero scattate le fotografie ufficiali della polizia da allegare al fascicolo. Quando il commissario si accorse dell’errore, ordinò di riportare indietro il cadavere e di riposizionarlo nel modo in cui era stato trovato.

Tutte le stranezze trovate da Buttazzi e Pomati, aiutati anche da Aldo Fegatelli Colonna, permisero la riapertura del caso. Era il 2002, infatti, quando il procuratore capo di Sanremo, Mariano Gagliano, acconsentì a riprendere l’indagine.

Tre anni dopo, la salma di Luigi Tenco fu riesumata e fu effettuata l’autopsia, che però confermò l’ipotesi del suicidio. Più tardi, anche la famiglia affermò di condividere la tesi ufficiale.

Nel 2013 l’interesse per il caso si riaccese nuovamente quando i giornalisti Pasquale Ragone e Nicola Guarneri riesamirarono i documenti prodotti dalla Polizia e contestarono alcuni dettagli.

Tra questi il fatto che il cantautore non avrebbe mai premuto il grilletto e che la sua pistola non sarebbe mai entrata sulla scena del crimine della stanza 219 dell’Hotel Savoy. La procura, però, in questo caso non ritenne necessario l’avvio di nuove indagini.

Di Luigi Tenco ci restano le canzoni e solo alcune delle fotografie scattate quella sera sul palco dell’Ariston. I nastri della performance, così come la registrazione video e audio delle prove andarono perdute.