Una delle leggende più famose al mondo riguarda il mostro di Loch Ness, una misteriosa creatura che vivrebbe nell’omonimo lago scozzese. Sebbene ci siano molte testimonianze di avvistamenti e fotografie, non esiste una prova certa della sua esistenza. Il mostro di Loch Ness resta una figura mitologica in bilico tra realtà e fantasia, in grado però di attrarre ogni anno milioni di visitatori.

La notorietà di Nessie, così come il presunto mostro di Loch Ness è stato soprannominato, è cresciuta di anno in anno destando una vasta risonanza mediatica. E la figura di Nessie, oltre ad aver ispirato una serie di lungometraggi, documentari, fumetti, videogame, ecc., ha anche dato il via a numerose ricerche scientifiche alla ricerca della verità.

La nascita della leggenda sul mostro di Loch Ness

Una delle prime citazioni del famoso mostro di Loch Ness la troviamo nel VII secolo nell’opera Vitae Sancti Columbae, nella quale il monaco irlandese Adamnano di Iona racconta un fatto avvenuto nel 566. Il protagonista di questa vicenda è il monaco irlandese San Colombano che, trovandosi nei pressi del fiume Ness, incontrò degli uomini che stavano seppellendo un cadavere.

Secondo i racconti, l’uomo era morto a causa dell’attacco da parte di una “bestia d’acqua” mentre nuotava nel fiume. Successivamente, San Colombano si recò al fiume con un suo seguace e, quando quest’ultimo fu attaccato dal mostro, il monaco fece il segno della croce e esortò la bestia a lasciare in pace gli uomini.

Secondo alcuni questo racconto proverebbe l’esistenza del mostro già nel medioevo, mentre gli scettici sostengono che in quel periodo la presenza di bestie d’acqua era molto comune nei documenti dell’epoca.

Avvistamenti in epoca moderna

La presenza di una bestia d’acqua nel Lago di Loch Ness venne successivamente assimilata nel folklore popolare grazie ad altri due presunti avvistamenti del mostro. Nel 1871, il dottor D. Mackenzie avrebbe visto una sagoma “contorcersi e agitare l’acqua” prima di scomparire a gran velocità. Il racconto di Mackenzie fu pubblicato solo nel 1934, quando l’uomo inviò la sua storia allo scrittore Rupert Gould.

Il secondo avvistamento fu descritto nel 1888 da Alexander Macdonald, il quale avvistò “un grosso animale dalle zampe tozze” uscire dal lago e dirigersi nella sua posizione. La sagoma fu descritta come una specie di salamandra.

Negli anni ci sarebbero stati altri avvistamenti, alcuni riferiti ad un animale spaventoso avvistato nelle paludi della baia di Urquhart. Tutte queste segnalazioni, però, sono state via via smontate e giudicate non attendibili.

È a partire dal 1933, anno in cui fu terminata la strada che costeggia le rive del Lago Loch Ness, che il mito della creatura misteriosa si affermò con forza. Nell’arco di pochi mesi, gli avvistamenti divennero sempre più insistenti. Tra tutti il racconto di George Spicer, che sostenne di aver visto insieme alla moglie un mostro preistorico attraversare la strada nei pressi del lago.

Gli avvistamenti continuarono, con la testimonianza del settembre 1933 dei coniugi MacKay, proprietari di un albergo in riva al lago, che affermarono di aver visto due strane gobbe emergere dall’acqua.

Il primo scatto al mostro di Loch Ness

Pochi mesi dopo queste segnalazioni, venne scattata la prima fotografia ufficiale del mostro di Loch Ness. Nello scatto di Hugh Gray si vede la sagoma di un lungo corpo che nuota in superficie producendo bolle d’aria intorno a sé. Gli scettici videro nella fotografia più probabilmente il cane di Gray che nuotava verso il padrone con un ramo in bocca.

Di lì a breve spuntò anche un video, girato da Malcolm Irvine, nel quale si vedeva una sagoma nuotare sul pelo dell’acqua. Nell’aprile 1934, invece, fu scattata una fotografia poi rivelatasi un falso ad hoc. La fotografia fu scattata da Robert Kenneth Wilson nei pressi di Invermoriston e mostra una figura nera con intorno dei mulinelli. In un secondo scatto, si vede invece il corpo misterioso quasi completamente inabissato nell’acqua.

A smascherare lo scatto di Wilson, soprannominato la fotografia del chirurgo, fu il Loch Ness Centre che assicurò che nell’immagine era stato immortalato un sottomarino giocattolo con attaccato all’estremità un oggetto a forma di testa di serpente.

La descrizione del mostro di Loch Ness

Una delle testimonianze più importanti per cercare di definire la veridicità della presenza di un mostro nel Lago di Loch Ness, fu resa da uno studente di veterinaria di nome Arthur Grant. Il ragazzo raccontò di aver visto, nella notte tra il 5 e il 6 gennaio 1934, una creatura con una testa piccola e un lungo collo che balzava proprio di fronte alla sua motocicletta prima di entrare nelle acque del lago.

Grant descrisse la creatura come una via di mezzo tra un plesiosauro e una foca e realizzò un disegno che fu mostrato allo zoologo Maurice Burton. Quest’ultimo riconobbe nel disegno le sembianze di una lontra e si dimostrò scettico circa le dimensioni riportate dal testimone. Secondo Burton, infatti, i 4,5-6 metri riferiti da Grant potrebbero essere stati un errore indotto dalla scarsità di luce.

Un altro avvistamento fu quello di Marjory Moir che risale a ottobre 1936. La donna riferì: “Piovigginava leggermente, il lago era grigio, il cielo era grigio e il colore della creatura era grigio scurissimo, in netto contrasto con lo sfondo più chiaro dell’acqua e del cielo. Il mostro era immobile in superficie, rivolto in direzione di Inverness. La lunghezza era di quasi dieci metri; è difficile valutare la distanza esatta che ci separava, tuttavia era abbastanza vicino a noi perché potessimo vederlo molto distintamente. C’erano tre gobbe, la più grande nel mezzo e la più piccola dietro il collo, che era lungo e snello, con una testa piccola e priva di tratti visibili. Immergeva spesso la testa nell’acqua, come per mangiare o forse semplicemente per divertirsi.

La presenza di tre gobbe si riscontra anche nella foto di Lachlan Stuart del 1951, mentre un riferimento importante per determinare le dimensioni effettive del presunto mostro di Loch Ness lo troviamo nello scatto del 1955 di Peter MacNab.

L’uomo dichiarò di essersi fermato nei pressi del castello di Urquhart per scattare qualche foto, quando un rumore improvviso catturò la sua attenzione. MacNab riuscì a fotografare l’animale fuoriuscito dall’acqua e nello scatto compaiono sia l’animale che il castello. Questo permise di valutare come i 20 metri di altezza delle mura del castello potevano corrispondere alle misure della parte emersa del mostro.

C’è un particolare nella fotografia di MacNab che fece sospettare gli esperti, cioè la presenza di due gobbe che non sembrano una la prosecuzione dell’altra. Fatto che ha portato a pensare che fossero due esemplari vicini, come una madre con il suo piccolo. Non sarebbe stata la prima volta che dai racconti emergeva la presenza di più esemplari contemporaneamente.

Questa teoria è stata poi convalidata dal racconto del guardiacoste Alexander Campbell, che riferì l’avvistamento di tre esemplari, due più grandi che nuotavano regolarmente e uno più piccolo che avanzava a zig-zag.

Seguirono altri avvistamenti, come quello del 1960 quando Tim Dinsdale, ingegnere aeronautico, filmò la gobba di un animale che tagliava l’acqua del lago producendo una scia. Le immagini furono sottoposte all’analisi del centro Jaric (centro di analisi delle immagini e di intelligence inglese) che confermò trattarsi di un oggetto “animato“.

Il sospetto che effettivamente il lago di Loch Ness potesse essere abitato da un mostro marino arrivò nel 1993, quando la Discovery Communications realizzò un documentario. Grazie al miglioramento digitale delle immagini fornite da Dinsdale, un esperto notò come sul negativo comparissero altre caratteristiche dell’animale. Il team scoprì la presenza delle pinne posteriori e 1 o 2 ulteriori gobbe che rendevano l’animale somigliante ad un plesiosauro.

L’esperto che rese possibile la scoperta affermò: “Prima di vedere il film, pensavo che il mostro di Loch Ness fosse solo un mucchio di sciocchezze. Dopo aver fatto la valorizzazione, non sono così sicuro.”

Tutto sembrava andare verso la conferma della presenza di un mostro nelle acque del lago, complice anche l’avvistamento del 27 maggio 1964, quando sia l’equipaggio del peschereccio Girl Norma che, in contemporanea, degli addetti che lavoravano sulle rive del lago, assistettero all’evento e riferirono gli stessi particolari.

Infine, una conferma definitiva sembrò arrivare nel 1968, quando l’ingegnere elettronico Gordon Tucker, grazie a un sonar, confermò la presenza di un corpo gigantesco in movimento nelle profondità del lago.

A partire dal 1977, invece, iniziarono a prendere più forza le ipotesi di un vero e proprio fake. È il caso del Loch Ness Muppet, così come è stata definita la foto di Tony Doc Shiels. Nell’immagine si vede il mostro fotografato nei pressi del castello di Urquhart, definito da Shiels come un “elefante calamaro” di un colore tra il marrone e il verde. Nonostante si tratti delle foto più nitide mai scattate, le stesse furono giudicate dei falsi a causa della mancanza di increspature sull’acqua.

Nell’ultimo ventennio gli avvistamenti sono proseguiti e i mass media hanno continuato ad alimentare la leggenda del mostro di Loch Ness. Nel 2014 apparse sulle mappe Apple una foto satellitare che mostrava una misteriosa sagoma lunga quasi trenta metri, che prontamente è stata sospettata di ritocco.

L’anno seguente è stato lo stesso Google a commemorare l’ottantunesimo anniversario della surgeon’s photograph (foto del chirurgo) con un Doodle. In quell’occasione Google ha messo a disposizione degli utenti la funzione Street View per esplorare le profondità del lago.

Nel 2016 è sceso sott’acqua un robot sottomarino che ha scandagliato tutto il fondale, ma l’unica cosa che ha individuato è stata la riproduzione del presunto mostro, utilizzata per la realizzazione del film Vita privata di Sherlock Holmes (1970) e abbandonata sul fondale al termine delle riprese.

Arrivando a tempi più recenti, nel 2021 c’è stata una rilevazione di uno strano oggetto sul fondale del lago. A circa 20 metri di profondità, infatti, il sonar della Nessie Hunter, barca che porta i turisti in visita sul lago, ha individuato una sagoma di lunghezza tra i 2,7 e i 4 metri.

Favorevoli

I favorevoli all’esistenza del mostro di Loch Ness insistono che l’animale potrebbe essere un esemplare di plesiosauro o elasmosauro, entrambi però tecnicamente estinti.

Se Nessie esistesse realmente, di cosa si nutrirebbe? Alcuni sostenitori affermano che numerose testimonianze affermano di aver visto Nessie entrare in acqua con prede cacciate sulla terraferma. Questo farebbe pensare che la vita del mostro marino si divida tra l’acqua e la terraferma, sebbene un animale di quelle dimensioni fuori dall’acqua avrebbe dovuto avere sicuramente più testimoni oculari, non sarebbe di certo passato inosservato.

Ai favorevoli viene contestata la mancanza di tracce e resti di prede di cui si dovrebbe nutrire un animale di quelle dimensioni. Per tutta risposta i sostenitori affermano che il lago potrebbe essere collegato con qualche canale sotterraneo al mare del Nord, ma negli anni questa caratteristica del lago non è mai stata confermata.

Contrari

Cosa dicono gli scettici e, soprattutto, gli scienziati? Gli zoologi, in particolare, affermano che Nessie semplicemente non possa esistere per via delle piccole dimensioni del Lago di Loch Ness, che non sarebbe in grado di sfamare una famiglia di animali di quelle dimensioni. Se, invece, si trattasse di un unico esemplare inspiegabilmente sopravvissuto, allora non avrebbe potuto in tutti questi anni riprodursi e sarebbe effettivamente già morto.

In ultimo, le prove portate dai testimoni non sono così soddisfacenti da far pensare che esista realmente una creatura marina nelle acque del lago.

Gli strumenti

Oltre al sonar, utilizzato nel 1968 e il robot sottomarino del 2016, le ricerche hanno utilizzato degli ecoscandagli, che hanno confermato la presenza di tre grandi masse in movimento ovviamente interpretate in modo diverso dagli scettici, che le definiscono banchi di pesci, e dai favorevoli che le vorrebbero gli esemplari della famiglia di Nessie.

Sono state utilizzate anche esche di vari tipi, ma nemmeno quelle più prelibate come il salmone hanno avuto successo nell’attrarre l’attenzione del mostro marino. Infine, nel giugno 2018 i ricercatori di diverse università tra le più rinomate (Nuova Zelanda, Danimarca e Regno Unito) hanno effettuato delle analisi sul DNA del Lago alla ricerca di specie insolite.

L’indagine prevedeva il prelevamento di 250 campioni di acqua in ogni luogo del Loch Ness e i risultati parlano chiaro: “Abbiamo individuato 3000 specie diverse, molte di queste così piccole che non potreste neanche vederle” ha concluso il genetista Neil Gemmell. Al contempo, il DNA presente nel lago non conferma la presenza di grandi pesci, né di lontre né di rettili. Risulta invece DNA di anguilla e Gemmell ha dichiarato che non si poteva escludere la presenza nel lago di anguille giganti.

Del resto, in molte delle testimonianze si è parlato di animali simili a anguille giganti o di serpente marino. Lo stesso Gemmell ha concluso lo studio sul mostro di Loch Ness dicendo: “Non è detto che non ci sia un mostro di Loch Ness, forse siamo solo noi che non l’abbiamo ancora trovato“.