La Rocca di Gradara rievoca una storia d’amore indimenticabile, resa celebre da Dante nel V Canto dell’Inferno della Divina Commedia.

Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona. Amor condusse noi ad una morte. Caina attende chi a vita ci spense”. Queste parole da lor ci fuor porte.” …

È questo il luogo dove i due amanti, Paolo e Francesca, si conobbero ed amarono fino alla tragedia finale nel settembre 1289. Chi era Francesca? Francesca da Polenta era la figlia di Guido da Polenta, signore di Ravenna, destinata secondo le usanze del tempo a un matrimonio combinato, deciso dal padre, con Giangiotto Malatesta.

Per evitare le resistenze della giovane sposa, venne deciso di celebrare il matrimonio per procura, senza che Francesca lo sapesse. Fu solo durante la cerimonia che la ragazza scoprì l’inganno e a niente servirono le sue proteste. Francesca si trasferì nel Castello di Gradara, dove diede alla luce Concordia, figlia di Giangiotto.

Il cuore di Francesca, però, non smise mai di battere per Paolo, detto il Bello, il quale iniziò un’assidua frequentazione della Rocca di Gradara. I due giovani divennero amanti e il loro amore durò per ben diciotto anni. A rovinare il lieto fine fu uno dei fratelli di Giangiotto, Malatestino dall’Occhio, che scoprì la tresca e informò il fratello.

È il settembre del 1289 e Giangiotto finge di uscire dal castello e lasciare il borgo, per rientrare poco dopo e sorprendere i due amanti in flagrante. Ferito nell’orgoglio, estrae la spada e rincorre Paolo, che cercando di fuggire da una botola resta impigliato con il mantello. Per proteggerlo, Francesca si contrappone con il proprio corpo. Muoiono entrambi sotto i colpi della stessa spada.

Questa è più o meno la storia, così com’è stata raccontata a più riprese. La Rocca di Gradara è impregnata di questa storia, la si può respirare nell’aria e si riesce facilmente ad immaginare lo scenario dell’epoca, i vestiti e le carrozze che sfrecciavano su queste pietre.

Arrivati al Borgo, ci troviamo di fronte ad uno scenario meraviglioso, un esempio perfettamente conservato di architettura fortificata in stile medievale, che si articola per le stradine lastricate e lucide di questo borgo emiliano.

Dopo il possente intervento di restauro e consolidamento, avvenuto tra il 1921 e il 1923 ad opera dell’Ing. Umberto Zanvettori, gli ambienti della Rocca di Gradara sono stati allestiti in pieno stile delle residenze dell’epoca medievale, con arredi provenienti dal mercato antiquario e tessuti e decorazioni di pregio.

All’interno della Rocca

Una volta entrati nel Borgo, sulla destra si trova la biglietteria per la visita ai camminamenti di ronda, che non è compresa nel biglietto di ingresso al castello. Vale la pena percorrere i camminamenti, si può ammirare il borgo dall’alto e avere un panorama su tutta la pianura fino al mare adriatico.

Dopo aver visitato il Borgo in lungo e in largo, è tempo di avvicinarci alla Rocca. Eccola di fronte a noi, con tutta la sua imponenza e maestosità.

Superato il ponte levatoio ed entrati nella Rocca, ci si trova nel grande cortile con il porticato. Qui è chiaro e immediato il confronto tra la parte est, con le arcate a volta gotica che rispecchiano il dominio della famiglia Malatesta, e le esili colonne in travertino che sorreggono archi a tutto sesto del periodo di dominio degli Sforza.

Accediamo all’interno della prima Sala, ovvero la Sala delle Torture, dove è presente una cisterna per la raccolta dell’acqua. Salita una scala in legno si accede alla Sala del Mastio, dove è presente la porta originale e ancora visibile la botola che porta alla Sala del Torreggiano, oggi non visitabile.

Una volta superata la Sala di Sigismondo e Isotta, con un bellissimo soffitto colorato, ci troviamo nella Sala della Passione, caratterizzata appunto da un fregio, che percorre il perimetro della stanza, con gli affreschi della Passione di Cristo ad opera del pittore A. Aspertini.

La Sala malatestiana presenta un fregio con i motivi araldici della famiglia Malatesta e il ben conosciuto motto tempus loquendi tempus tacendi, voluto da Pandolfo Malatesta sulla tomba della moglie Isotta.

Dopo aver assolto la funzione militare, il torrione di nord est è diventato il Camerino di Lucrezia Borgia, con pareti decorate del XV secolo e temi allegorici. A ricordare l’antica funzione difensiva, è ancora presente la botola e le cannoniere.

Nella Sala del Leone Sforzesco le pareti prendono vita con gli emblemi della famiglia Sforza, il leone rampante e le ali di drago raffigurati sulle pareti.

Passiamo attraverso la Sala del Cardinale, dotata di un bel camino, un letto e un tavolo rotondo, che veniva utilizzata per ospitare alla Rocca personalità appartenenti al clero.

La Sala dei Putti, probabilmente realizzata nel 1510 in onore della nascita del figlio di Giovanni Sforza, Costanzo, presenta belle pareti dipinte con giochi di Putti. Proseguendo il percorso di visita, si incontra la Sala Rossa, chiamata così per via del colore rosso dominante, dove si ammira un letto a baldacchino, un tavolo esagonale e il classico camino.

La visita alla Rocca di Gradara si dirama in un susseguirsi di ambienti, che si aprono ai nostri occhi con tutti i loro particolari e la loro storia. Questa abbondanza di particolari rendono la visita molto intensa, sia in termini di tempo che di attenzione. Si vedono moltissime cose, tutte interessanti e, se si ha l’intenzione di non lasciarsi sfuggire nessun particolare, è davvero impegnativa.

Un esempio di quanto appena detto lo si riscontra nella Sala del Consiglio, dove si svolgeva la giustizia e dove è esposto l’affresco, voluto da Giovanni Sforza per la moglie Lucrezia, che raffigura una scenda di battaglia. Molto bello anche il loggiato in legno presente su una parte delle pareti.

Eccoci finalmente nella stanza che tanto aspettavamo di vedere: la Camera di Francesca. Qui la tragedia fa sentire tutta la sua suggestione. Nella stanza sono raccolti tutti gli elementi che sono stati protagonisti del famoso dramma, dalla botola utilizzata da Paolo per cercare la fuga dalla spada sguainata di Giangiotto, al leggio e ai sedili. Sulla parete è raffigurato un grande albero genealogico della famiglia Gonzaga.

Cosa dire poi del bellissimo abito nero esposto nella Sala? Si tratta della riproduzione del costume di scena utilizzato nella messa in scena della tragedia Francesca da Rimini di Gabriele D’Annunzio, ruolo interpretato da Eleonora Duse.

Lasciata la Sala di Giustizia, dove è presente un rilievo ligneo raffigurante i sette arcangeli e la pala di Giovanni Santi, Madonna in trono con il Bambino (1484), si arriva al Loggiato del piano nobile ed, infine, la Cappella.

La nostra visita purtroppo è terminata e ci ritroviamo all’aria aperta, un po’ disorientati dopo questa immersione totale nel medioevo. Abbiamo la sensazione di aver perso il senso del tempo, della vita all’esterno. La Rocca e il Borgo di Gradara riescono a catalizzare l’attenzione, con il loro magnetismo, dei visitatori di qualsiasi età, che percorrono queste stradine a metà strada tra il sogno e la realtà.

Se avete intenzione di visitare Gradara, ecco il link per i giorni e gli orari di apertura.