La Sacra Sindone da 2000 anni porta con sé un mistero che, nonostante i numerosi studi, resta inviolato. Quell’immagine che è rimasta impressa sul tessuto è un volto che la cristianità identifica con quello di Gesù, sostenendo che il lenzuolo sia quello usato per avvolgere il corpo di Cristo nel sepolcro.
Negli anni la Sacra Sindone è stata sottoposta ad analisi ed esami per verificarne l’autenticità e la compatibilità con quanto ritenuto, ma alcuni aspetti continuano a mantenere alta la dose di mistero su questo famoso lembo di lino.
Oggi la Sacra Sindone è custodita nel Duomo di Torino e periodicamente viene esposta al pubblico. In occasione dell’ostensione, migliaia e migliaia di fedeli si recano in visita. L’ultima occasione per vedere dal vivo la Sindone è stata nella primavera 2015.
La storia della Sindone
La prima data conosciuta della storia della Sindone sembrerebbe il 1349, anno in cui la stessa arrivò in possesso del re di Francia, Filippo VI di Valois. Quest’ultimo, in punto di morte, la affidò nel 1350 a Goffredo Conte di Charny. Nel 1353, Goffredo avrebbe donato la Sindone alla chiesa di Lirey, asserendo che si trattava del lenzuolo in cui fu avvolto il corpo di Cristo.
Durante la Guerra dei Cent’anni, la nipote di Goffredo, Margherita, per proteggere la Sindone la portò nel castello del marito e, più tardi, si rifiutò di restituirla al canonici di Lirey. Margherita decise invece di spedirla a Chambéry da Anna, moglie del Duca Luigi I di Savoia.
Dal 1467, la Sindone fu custodita in una cappella privata della residenza del Duca a Chambéry, fino al 1503 quando il telo di lino fu trasportato a Bourg-en-Bresse per essere mostrato all’Arciduca Filippo il Bello d’Austria.
Successivamente, una bolla di Papa Giulio II del 1506 riconobbe la Sindone come sacra reliquia. Da quando fu autorizzata ad essere oggetto di devozione da parte dei fedeli, la Sacra Sindone fu salvata da un incendio nel 1532 che lasciò sulla superficie i segni del fuoco e dei tentativi di spegnimento.
Nel 1578 la Sindone raggiunse finalmente Torino, dove fu venerata da Carlo Borromeo come ringraziamento per aver liberato Milano dalla peste e dove rimase all’interno del Palazzo Reale fino al 1694.
Dopo essere scampata ad un altro incendio nel 1997, la Sindone fu definitivamente trasferita nella Cattedrale di Torino e dal 1983 è di proprietà della Santa Sede, donata da Umberto II di Savoia.
Caratteristiche della reliquia
Il telo di lino misura circa 4,4 mt. di lunghezza e 1,13 mt. di larghezza. Su un lato solo è impressa l’impronta frontale e dorsale di un uomo crocefisso. La migliore visione della Sindone è a circa 1-2 metri.
Sulla superficie sono presenti diversi segni: oltre all’impronta corporea, macchie di sangue in corrispondenza delle numerose ferite, fori causati dall’incendio di Chambéry e aloni causati dall’acqua usata per spegnere l’incendio.
Il corpo avvolto nella Sindone è quello di un uomo sottoposto alle torture, oltre 300 ferite tra cui quella sul costato, sulla nuca dovuta all’incoronazione di spine e i segni dei chiodi della crocefissione.
Sul piano scientifico, l’aspetto più enigmatico è che l’immagine della Sindone a tutt’oggi non risulta spiegabile né riproducibile.
Gli studi sulla Sacra Sindone
La Sindone è stata sottoposta a diversi studi nel corso degli anni, dividendo l’opinione pubblica tra credo e scienza. Il fatto che la Sindone sia una reliquia religiosa ha portato a volte a pareri discordanti e incomprensioni sull’interpretazione dei risultati degli esami scientifici.
Negativo
Nel 1898, durante il 400° anniversario della Cattedrale di Torino, venne organizzata anche una mostra sacra. La Sindone non poteva essere esposta senza l’autorizzazione del re Umberto I, così il fotografo Secondo Pia fu incaricato di scattare delle fotografie alla Sindone.
La prima sessione di Pia, in fase di sviluppo, non diede risultati così il fotografo ritornò il 28 maggio 1898 a fotografare di nuovo la Sindone. Nel momento in cui Pia sviluppò le lastre rimase come pietrificato scoprendo che la lastra negativa mostrava l’immagine al positivo di un volto e un corpo che a occhio nudo non potevano essere visti nitidamente.
La Sindone è quindi al negativo, i chiaroscuri sono invertiti rispetto alla visione naturale. Ma, fatto ancora più straordinario, l’immagine appare positiva sul positivo fotografico acquisito nell’infrarosso.
Negli anni a seguire, la fotografia di Pia suscitò numerosi dibattiti e opinioni contrastanti. Da un lato gli scettici avanzarono l’ipotesi che Pia avesse commesso degli errori nell’acquisire l’immagine. Dall’altro, invece, iniziò ad avanzare il pensiero di un origine soprannaturale della reliquia.
Finalmente nel 1931 Secondo Pia fu assolto dall’opinione pubblica quando un altro fotografo di nome Giuseppe Enrie fotografò la Sindone e ottenne lo stesso risultato.
Partendo dal presupposto che l’avvento della fotografia sarebbe avvenuto almeno cinque secoli dopo, come è possibile che l’immagine abbia questa caratteristica fotografica?
La colorazione
Il colore impresso sul lenzuolo riguarda solo la parte più in superficie delle fibre di lino, mentre in profondità le fibre non sono colorate. Tutte le fibre colorate presenti sulla Sindone hanno la stessa intensità singolarmente e l’impressione che il telo sia più colorato in alcuni punti deriva dalla presenza di maggiori fibre colorate in un determinato punto.
Una radiazione perpendicolare
Gli studi sulla Sindone confermano che l’immagine che vediamo è una proiezione verticale del corpo, le cui proporzioni rispecchiano una figura vista direttamente o fotografata. Secondo alcuni l’immagine impressa sul lenzuolo potrebbe essere prodotta da una radiazione perpendicolare al corpo.
Le macchie di sangue
Le macchie di sangue che compaiono sulla Sindone sono poste in corrispondenza delle ferite ma, a differenza dell’immagine che è al negativo, le macchie di sangue sono in positivo. Sotto alle macchie, che risultano come zone chiare, straordinariamente non c’è l’immagine.
Questo risultato ha portato alcuni a sospettare che l’immagine sia comparsa quando il lenzuolo era già macchiato.
Immagine tridimensionale
Nel 1977 l’immagine della Sindone fu sottoposta ad un ulteriore studio, condotto da John P. Jackson e Eric J. Jumper, fisici dell’U.S. Air Force, nel quale veniva eseguito un grafico tridimensionale dell’immagine che dimostrava la tridimensionalità del corpo impresso sul telo.
L’altezza delle parti del corpo è rispettata, braccia e mani emergono sul resto del corpo, così come naso e sopracciglia sono più in rilievo sul volto.
Datazione
La Sindone fu sottoposta nel 1988 all’esame del carbonio 14, simultaneamente da tre laboratori: Zurigo, Oxford e Tucson. I risultati ottenuti datano la Sindone nell’arco temporale tra il 1260 e il 1390, ovvero il periodo in cui la storia della Sindone è conosciuta.
L’esito di questo esame è stato pesantemente contestato, evidenziando incongruenze tra i risultati dei tre laboratori, oltre a illazioni su sostituzioni di campioni e inadeguata procedura di esecuzione dell’esame.
Esame sulle macchie di sangue
Nel 1973 furono condotti esami sulle macchie di sangue presenti sulla Sindone (commissione scientifica nominata dal cardinale michele Pellegrino, G. Frache, E. Mari Rizzati, E. Mari). Sotto la lente d’ingrandimento due fili del tessuto di lino.
Purtroppo, l’esame diede un risultato negativo, sebbene non potesse essere esclusa la presenza di sangue. Secondo John H. Heller, il risultato ottenuto potrebbe essere stato causato dalle sostanze chimiche utilizzate e non idonee a sciogliere il sangue.
Successivamente, anche Guido Filogano e Alberto Zina riprovarono ad effettuare degli esami sulle macchie ma non furono individuate tracce di globuli rossi, bensì di un materiale colorante.
Nel 1978 ulteriori accertamenti furono portati a termine in simultanea da due gruppi di ricercatori. Il primo, condotto da Walter McCrone dello Shroud of Turin Research Project, rilevò la presenza di soli pigmenti coloranti, mentre per J. Heller, A. Adler (membri dello STURP) e l’italiano Baima Bollone si trattava di sangue umano, tracce rimaste sul tessuto per contatto diretto con il corpo.
Tutti i risultati furono duramente criticati, a partire da quelli di McCrone che fu accusato di negligenza nell’esecuzione dell’esame. Quando il ricercatore presentò i suoi risultati allo STURP, sostenne di aver individuato tracce di ocra rossa, cinabro e un pigmento rosato chiamato alizarina. Secondo McCrone era chiaro di trovarsi di fronte ad un dipinto.
Al contrario, Heller e Adler trovarono esclusivamente la presenza di sangue umano, ovvero sostanze proteiche come emoglobina, albumina e bilirubina che si sciolgono completamente nella miscela di enzimi proteolitici. Baima Bollone ottenne anch’esso gli stessi risultati, aggiungendo inoltre che si trattava di sangue del gruppo AB.
La teoria di Belloni trovò pesanti opposizioni, in particolare sul dato dello studio che vede il gruppo sanguigno AB comparire soltanto 900-1000 anni fa.
Il tessuto della Sindone
Il tessuto della Sindone è composto di lino filato a mano, così come dimostra l’irregolarità della trama. Le fibre sono formate da fibrille disposte in senso orario, una filatura meno diffusa di quella antioraria preferita dagli antichi filatori egiziani. In Giudea e nel medioriente sono comunque stati rinvenuti campioni di filati di lino con torsione oraria e con la stessa trama a spina di pesce databili all’inizio dell’era Cristiana.
La posizione del corpo
Secondo Baima Bollone il corpo impresso sul lenzuolo della Sindone sarebbe quello di un uomo in stato di rigidità cadaverica. La posizione del corpo sarebbe dovuta al rigor mortis.
Garlaschelli ritiene che la posizione delle mani sarebbe del tutto innaturale, in quanto per poter mantenere la posizione delle mani congiunte sul pube richiederebbe una tensione dei muscoli. In una persona morta, invece, le mani potrebbero mantenersi congiunte solo sullo stomaco.
Segni del flagello
Gli scettici sostengono che i segni del flagello, privi di rigoli di sangue e disposti in maniera troppo simmetrica, siano una rappresentazione pittorica.
Monete sugli occhi
Tra i sostenitori dell’autenticità della Sindone, alcuni ritengono di aver visto sugli occhi del volto due oggetti, poi riconosciuti come monete, probabilmente posti sulle palpebre per tenerle chiuse.
Le monete in questione sarebbero state identificate come risalenti ai primi decenni del I secolo. Francis Filas, sulla base delle foto scattate nel 1931, asserisce che le monete siano risalenti alla coniazione di Ponzio Pilato negli anni tra il 29 e il 32 d.C.
Nelle fotografie più recenti, invece, le monete non sarebbero visibili. C’è una frase, riferita a Luigi Gonella, fisico del Politecnico di Torino, che ben riassume i pareri discordanti sulle monete: “quella della Sindone è un’immagine il cui dettaglio più piccolo, macchie di sangue escluse, è di mezzo centimetro. Come le labbra. Appare quindi molto, molto incongruente che esistano dei dettagli dell’ordine di decimi di millimetro come le lettere sulle monete. Ma si sa: a forza di ingrandire, si finisce a vedere anche quello che non c’è“.
Altri oggetti sulla tela
Secondo Alan e Mary Whanger, sulla Sindone ci sarebbero anche immagini di fiori e altri oggetti. Le immagini, poste ai lati del corpo, sarebbero però visibili solo sulle fotografie.
Un botanico australiano di nome Danin, avrebbe identificato 28 specie botaniche diverse e l’area tra Gerusalemme e Gerico sarebbe l’unica dove esse comparirebbero tutte insieme. Sul lenzuolo della Sindone sono state trovate anche tracce di polline di origine palestinese.
Doppia immagine
Durante il restauro del 2002, è stata sostituita la tela di rinforzo posteriore e si è avuto modo di osservare l’altro lato del lenzuolo. Anche sul “rovescio” compare un’immagine, anche se meno nitida del “dritto”.
La doppia superficialità dell’immagine corporea è stata oggetto di molti studi nel XX secolo ed ad oggi non è tecnicamente riproducibile ne spiegata scientificamente.
Per concludere, come si è formata l’immagine presente sulla Sacra Sindone? Evidenziamo i punti salienti, alcuni chiariti, altri che restano a tutt’oggi un mistero, che riguardano la reliquia più importante della Cristianità:
- La sindone è un lenzuolo funerario, che ha avvolto il corpo di un uomo morto dopo che quest’ultimo ha subito la flagellazione, un’incoronazione di spine, crocifissione e numerose ferite, che dati i risultati scientifici potrebbe aver avvolto il corpo martoriato di Gesù di Nazareth.
- Il corpo del defunto non rimase a contatto con il lenzuolo per più di 40 ore, mancano infatti i segni di putrefazione che generalmente iniziano dopo quel tempo. Tolto il fenomeno della Resurrezione, perché il corpo sarebbe rimasto avvolto nel lenzuolo per così poco tempo?
- Le colate di sangue, in caso di manomissione del cadavere, avrebbero prodotto sbavature sul lenzuolo, invece sono esattamente corrispondenti alle impronte delle ferite. Soprattutto sulla parte posteriore, una movimentazione del corpo avrebbe prodotto segni di strisciamento.
- L’immagine corporea, secondo la sfumatura del colore, è tridimensionale.
- La colorazione del lenzuolo ha uno spessore sottilissimo, risiede solo nella parte più superficiale (circa un quinto di millesimo di millimetro) delle fibrille che formano il tessuto di lino.
- L’immagine non è un dipinto, né è stata stampata sul tessuto
- Le macchie presenti sono di sangue umano
- L’immagine sulla Sindone non si è formata con il contatto del lino sul corpo del cadavere, bensì sembra improbile che sia il prodotto di metodi chimici o di un falsario medievale
- Sotto alle macchie di sangue non c’è immagine, segno che le tracce di sangue si sono depositate prima dell’immagine stessa e alla deposizione del cadavere
- L’immagine impressa sul lenzuolo non è spiegabile, ne riproducibile
- L’immagine del corpo è al negativo, mentre le macchie di sangue sono al positivo
Ipotesi
Tra le ipotesi più attendibili, la formazione dell’immagine sindonica viene fatta riferire ad un’intensa ma brevissima esplosione di energia. Un lampo di luce, una forma di energia elettromagnetica su un tessuto di lino potrebbe avere gli effetti di riprodurre le caratteristiche dell’immagine sindonica, come la superficialità della colorazione, le sfumature di colore e la presenza dell’immagine di quelle parti del corpo non a contatto con il telo.
Gli esperimenti con radiazioni ultraviolette (UV) e con radiazioni a lunghezza d’onda nello spettro del lontano ultravioletto (VUV) hanno reso una colorazione simile a quella della Sindone. La teoria degli impulsi di luce VUV è compatibile con la colorazione solo della parte più esterna del tessuto, caratteristica della Sindone tra le più difficili da replicare.
La luce VUV è compatibile anche con l’assenza di immagini laterali del corpo, poiché i fotoni non riescono a colorare le parti di tessuto distanti dal corpo.
Queste tecniche potevano essere conosciute nel I secolo dopo Cristo? Soprattutto, ai giorni nostri la sorgente di luce VUV più potente è in grado di produrre alcuni miliardi di Watt, si è stimato che per colorare la superficie corrispondente all’immagine della Sindone sarebbero stati necessari oltre 30 mila miliardi di Watt.