La Terra del Fuoco è un arcipelago al largo della punta meridionale del Sud America, interessato da numerosi incidenti inspiegabili e avvenimenti drammatici che lo rendono una delle zone più pericolose per la navigazione.

Già a partire dal 1520, il navigatore Ferdinando Magellano ha avuto modo di conoscere questo luogo e soprannominarlo Terra del Fuoco, per via delle numerose luci che aveva visto nei pressi dell’arcipelago.

Molto tempo dopo, nel 1913, i marinai di una nave britannica che stava navigando nei pressi della Terra del Fuoco videro un vascello sconosciuto presumibilmente alla deriva. Una volta avvicinati al relitto, scoprirono che era in pessime condizioni e che, a bordo, erano presenti gli scheletri dei venti membri dell’equipaggio.

Apparentemente a bordo sembrava tutto intatto, il cargo al suo posto e le attrezzature intatte. L’equipaggio era seduto, come se la morte lo avesse colto impreparato e all’improvviso. Dai documenti di navigazione si è potuto appurare che la nave era partita 23 anni prima dalla Nuova Zelanda diretta a Londra, ma per qualche misterioso motivo la sua navigazione si era interrotta nei pressi della Terra del Fuoco.

Il Marlborough era un clipper da carico con tre alberi, varato nel 1876, con una lunghezza di 69 metri e un carico di oltre 1.100 tonnellate. Con il suo equipaggio di 29 marinai capitanati da Sir. Anderson, aveva compiuto numerosi viaggi tra Lyttelton e Dunedin tra il 1876 e il 1883.

La scomparsa del Marlborough risale al 1890, quando la nave partì da Lyttelton (Nuova Zelanda) sotto il comando del capitano Herd. Il clipper, insieme all’equipaggio e ad un passeggero, non arrivò mai a Londra e il 13 gennaio fu avvistato per l’ultima volta al largo della Nuova Zelanda.

A seguito della scomparsa, le Autorità del Commonwealth avviarono un’inchiesta per verificare le condizioni della nave al momento della scomparsa ma non risultò nessuna anomalia e il carico era stivato a regola d’arte. A distanza di qualche mese, la Marlborough venne data per dispersa, ipotizzandone un possibile affondamento dopo la collisione con un iceberg.

Dopo molti anni, nel 1913 il piroscafo inglese Johnson avvistò la nave fantasma a nord di Capo Horn e ne sottolineò l’aspetto spettrale, con le vele stracciate mosse dal vento e nessuno a bordo. Sulla poppa era chiaramente leggibile il nome: Marlborough – Glasgow.

Una volta saliti a bordo, dal rapportino del primo ufficiale si legge:

Finalmente giungemmo sottovento alla fiancata del  clipper. Non c’era alcun segno di vita a bordo. Salimmo a bordo e quando fummo in coperta, tutto scricchiolava e sembrava sbriciolarsi sotto i nostri piedi. Ciò che apparve ai nostri occhi era mostruoso. Sotto la ruota del timone giaceva lo scheletro di un uomo. Camminando con cautela sui ponti in decomposizione, c’imbattemmo in altri tre scheletri. Tra la cucina e la riposteria trovammo i resti di dieci corpi e altri sei li vedemmo ancora sdraiati negli alloggi. Uno soltanto si trovava sul ponte di comando e dalla vecchia uniforme indossata, sembrava lo scheletro del Capitano. La muffa era posata ovunque e profumava i libri d’umidità rendendo illeggibili lettere e documenti presenti nella cabina del Capitano Tutti indossavano ancora i resti delle loro uniformi. Anche il giornale di bordo su cui era appoggiata una spada arruginita, era ammuffito e risultava illeggibile.

Il relitto del Marlborough era dunque ricomparso, dopo ben 23 anni, nelle acque dei Capo Horn, probabilmente le stesse acque impetuose che ne avevano causato la scomparsa. Nonostante la notizia sensazionale e i titoli in prima pagina sui giornali, del ritrovamento non vi è alcuna documentazione fotografica, né sappiamo dove sia stato portato il relitto una volta recuperato.

Sull’intera faccenda non è mai stata fatta chiarezza, tutto ciò che sappiamo sulle acque della Terra del Fuoco è che la zona intorno a Capo Horn è interessata da venti fortissimi, correnti e forti tempeste che rendono molto pericolosa la navigazione. Inoltre, la presenza di numerosi iceberg lungo le rotte aumentava la possibilità per le imbarcazioni di finire in secca o allontanarsi troppo dalla costa.

Nonostante la moderna tecnologia adottata sulle nuove navi, Capo Horn e le acque dell’arcipelago sono ancora avvolte da una sorta di mistero che si nasconde tra le onde.