Il nostro viaggio in Valle d’Aosta ci porta proprio nel cuore della regione. Abbiamo deciso infatti di prenotare una camera ad Aosta, unica città valdostana, centro ricco di storia e testimonianze architettoniche di rara bellezza.

È un venerdì estivo e siamo pronti per iniziare il nostro tour tra storia e mistero, che ci porterà nei luoghi delle leggende che abbiamo già raccontato.

Purtroppo, abbiamo a disposizione solo due giorni e ci rendiamo conto che il tempo è limitato per visitare tutte le località che vorremmo, ma con un po’ di organizzazione siamo riusciti ad ottimizzare gli spostamenti.

La Valle d’Aosta rievoca in noi, ma pensiamo anche in molti di voi, il ricordo della gita scolastica, che porta ancora oggi molti scolari tra queste verdi valli alla scoperta del capoluogo e solitamente del maniero più conosciuto, il Castello di Fénis.

Ecco il nostro programma, che include ovviamente anche Fénis:

Programma:

Partenza e arrivo ad Aosta

Mentre percorriamo l’autostrada e lentamente le ombre si allungano sull’asfalto, aumenta l’aspettativa di avvicinarsi ai luoghi del mistero custoditi da questa regione meravigliosa.

Rileggiamo la storia di alcuni dei castelli valdostani più conosciuti e ci lasciamo coinvolgere dalla suggestione delle leggende, sicuri che saremo accompagnati dall’eco delle storie sui fantasmi e sui fenomeni paranormali.

Una volta giunti ad Aosta nel pomeriggio, raggiungiamo senza problemi l’hotel Roma, che si trova praticamente a pochi metri dall’ingresso del centro storico, racchiuso dalle mura di epoca romana.

L’albergo è anche vicino (300 mt) alla stazione ferroviaria e alla fermata degli autobus, mentre poco più distante parte la cabinovia per la stazione invernale di Pila.

Una volta depositati i bagagli, è la volta di cercare un ristorante/trattoria dove cenare. L’hotel Roma, infatti, non ha ristorante, offre solo pernottamento e prima colazione.

Usciti dall’albergo ci dirigiamo verso il centro storico, oltrepassando la scenografica Porta Pretoria, che rappresenta una delle quattro porte dell’antica Augusta Praetoria Salassorum, la più imponente e meglio conservata.

Da qui ci avviamo per le stradine del centro storico, dove i negozi si alternano a ristoranti e locali serali. Pochi minuti e, purtroppo, si avverano le previsioni meteorologiche che avevamo consultato nei giorni precedenti: inizia a piovere.

Ci troviamo di fronte ad una volta, attraverso la quale intravediamo un cortile con un locale dai caldi colori, sembra accogliente. Si tratta del Ristorante Brasserie La Cave de Tillier.

Una piacevole sorpresa, un locale con pietra a vista e ottima cucina valdostana abbinata a un buon servizio e prezzi nella media. Purtroppo tra zaini e ombrelli, ci mancavano le mani per fare una foto ma dal sito si intuisce già tutto.

Una volta usciti dal ristorante, per un attimo ha smesso di piovere così abbiamo girato un po’ e ci siamo imbattuti in un bel posticino, il Genkoo, dove bere qualcosa prima di rientrare in albergo.

La prima notte all’hotel Roma è stata un po’ faticosa, vuoi la stanchezza del viaggio, vuoi l’affaccio della finestra verso il centro città, o semplicemente la combriccola di buontemponi che non ha mollato con gli schiamazzi fino alle 3.30.

Comunque sia, la notte è passata e siamo stati svegliati dai primi rintocchi di campana delle 6. Buongiorno! Pronti per incominciare? Allora iniziamo con la colazione.

L’hotel è a conduzione famigliare e tutto il personale è stato cordiale e disponibile. La sala per le colazioni è al piano terra ed è dotata di un bel banco di prodotti freschi, oltre a frutta e torte fatte in casa.

Rimpinzati a dovere finalmente inizia la nostra prima giornata in Valle d’Aosta alla scoperta dei nostri amati castelli e delle leggende che li circondano. Per le 10 siamo attesi a Fénis, meglio sbrigarsi.

Eccoci arrivati, troviamo un parcheggio completamente vuoto proprio al di sotto del castello. Una signora del posto dice che hanno appena finito di tracciare le righe blu e, infatti, al momento è ancora gratuito.

Ci intratteniamo qualche minuto con un gatto del posto e poi siamo pronti per imboccare il bel sentiero che ci porterà al castello di Fénis.

Eccolo, lo si intravede dietro le case e le fronde degli alberi. È il castello di Fénis, l’emblema dei castelli valdostani. In una sola parola storia, architettura e bellezza.


Il castello è circondato da una doppia cinta muraria merlata, da dove si innalzano torri di guardia tonde e quadrate, il tutto collegato dal camminamento di ronda.

Raggiungiamo la meta attraverso una piacevole passeggiata lungo la rampa di accesso. Il portale d’ingresso si trova sul lato sud, vicino a quella che è la torre più antica del castello.


Una volta all’interno della prima cinta muraria, abbiamo il tempo per ammirare le torri e le feritoie mentre la guida riporta la nostra attenzione sulla torre dove sono scolpite maschere con volti umani. Il corpo centrale del maniero si sviluppa su tre piani, mentre nel seminterrato c’erano le cantine e le prigioni che purtroppo non vedremo.

Poco dopo l’ingresso ci troviamo nella Sala d’armi, di fronte alla riproduzione in miniatura del castello fatta in pietra. La riproduzione si trova nella sala destinata alla guarnigione, dove soggiornava il corpo di guardia.

Proseguendo al piano terra entriamo nella Sala da pranzo. La guida ci spiega un particolare interessante delle sedie: avevano solo tre gambe anziché quattro, per essere meno instabili sul pavimento irregolare del castello.

Infine accediamo alla Cucina, dove è presente un imponente camino. Ma eccoci finalmente nel cortile, di fronte al grande scalone in pietra. Restiamo ammaliati dall’affresco che raffigura San Giorgio che uccide il drago, opera tardo gotica del pittore Giacomo Jaquerio.

Tutto il cortile è riccamente affrescato grazie all’intervento di Bonifacio I alla fine del XV secolo. Dal cortile si accede ad un vano dove una cisterna raccoglieva l’acqua piovana. Alla cisterna si attingeva attraverso un pozzo munito di carrucola. Nel locale cisterna oggi c’è un carro agricolo in legno di noce, con intagli di pregio, risalente più o meno al XVII-XVIII secolo.

Le scale del cortile portano al primo piano, quello riservato alle stanze dei signori del castello. Da notare la bellezza delle balconate in legno del piano superiore e tutti gli affreschi e decorazioni che ricoprono le pareti.

Sullo sfondo a sinistra è possibile vedere l’affresco della Madonna della Misericordia, mentre sulla destra la scena della crocifissione. Lateralmente, invece, le pareti sono affrescate con le figure dei santi e apostoli disposte su file sovrapposte.

Dalla Sala della Cappella accediamo alla Chambre blanche, o camera da letto del barone, con un bel camino in pietra raffigurante lo stemma degli Challant e il letto a colonne. Nella stanza sono custoditi alcuni cassoni di legno con meravigliose intarsiature.

Accediamo alla Cucina superiore, anch’essa con un grande camino e un arredamento composto da molti sedili e seggiolini in cuoio, nonché panche in stile tardogotico.

Proseguiamo la visita nella Sala del Tribunale, dove è presente un bel camino con un affresco che raffigura le virtù cardinali, tra le quali spicca la Giustizia e lo stemma della casata dei Savoia.

La visita guidata finisce qui, anche se restiamo per un lungo momento con il naso all’insù a guardare il secondo piano del castello, oggi non accessibile ai visitatori. Un tempo era raggiungibile attraverso una scala a chiocciola ed era destinato ad accogliere soldati, servitù e gli ospiti del castello. Dal secondo piano si accedeva anche al camminamento di ronda e al tetto, fatto in lose di pietra.

Restiamo ancora un pochino tra le due cinta di mura, cercando di immaginare i momenti in cui questi spazi furono teatro di leggende misteriose. Ricordiamo i racconti legati al paranormale, storie di cui abbiamo noi stessi scritto e che, oggi, ci sembrano ancora più affascinanti. A parte un breve accenno scherzoso della nostra guida, durante la permanenza all’interno del castello non abbiamo percepito nessuna stranezza.

Vogliamo continuare però a credere nella leggenda, sicuri che tra queste mura sia possibile udire le urla e gli strani rumori che vengono riferiti. C’è poi la leggenda del fantasma del castello di Fénis, ovvero il corpo del bambino ucciso secoli fa dalla matrigna e nascosto nel maniero. Si dice che il suo spettro si aggiri ancora oggi tra le sale, ma si tratterebbe di un piccolo burlone, che si diverte a spostare gli oggetti per far trasalire gli avventori.

Scendiamo a ritroso il percorso in discesa verso il parcheggio e, una volta in macchina, ci dirigiamo verso Saint-Vincent per il pranzo.

Passeggiando per il paese, incontriamo ovviamente il Casinò, più in là ci imbattiamo nel monumento in onore ai caduti per la patria, la fontana e l’inizio del centro pedonale ricco di negozi e ristoranti.

Nel frattempo si sono fatte le 14.00. È ora di incamminarci e rimetterci in macchina, per raggiungere Chatillon. Non sappiamo cosa aspettarci al castello di Ussel, non avendo ancora approfondito lo studio sul maniero conosciamo solo la sua fisionomia esterna e il fatto che dovremo camminare parecchio per raggiungerlo!

Raggiunto il paese di Chatillon, lasciamo l’auto in un parcheggio e ci incamminiamo procedendo sul ripido sentiero che conduce in cima allo sperone roccioso che avvolge saldamente il maniero. Il promontorio è piuttosto scosceso e ci siamo fermati diverse volte a riprendere fiato.

Nel frattempo ammiriamo dal basso la bella struttura monoblocco di forma rettangolare, costruita da Ebalo di Challant verso la metà del XIV secolo.

Entrando all’interno del castello di Ussel, inizialmente siamo restati un po’ perplessi per via di quanto poco sia rimasto di quello che un tempo doveva essere stata un’architettura militare meravigliosa. Ad oggi, purtroppo, all’interno del maniero non resta mobilio e la visita riguarda i camini monumentali, tracce delle divisioni dei piani e delle scale.

La guida turistica attira la nostra attenzione sul fatto che chi ideò la struttura riuscì a concentrare tutti gli sbocchi dei numerosi camini in un’unica canna fumaria, che garantiva un tiraggio perfetto in tutte le sale nonostante il vento persistente che percorre la valle quasi tutto l’anno.

Camminando da un ambiente all’altro si nota come il castello sia stato effettivamente appoggiato direttamente sulla pietra. In molti punti la roccia spunta dal pavimento e addirittura si innalza come una palestra di roccia.

Ed è proprio in questa sala che accade qualcosa di strano, inutile dire che è ciò che aspettavamo fin da questa mattina, ma che al castello di Fénis non è avvenuto.

Una piccola dimostrazione che riguarda la possibile presenza di entità all’interno del castello. La guida aveva appena terminato di raccontare la tecnica di costruzione a blocchi senza fondamenta e, in particolare, del modo sbrigativo con cui si sia ovviato alla presenza del dislivello al castello di Ussel, quando ad un certo punto l’impianto elettrico ha iniziato a vacillare. Le luci hanno iniziato ad accendersi e spegnersi per qualche secondo.

Tutti sono rimasti con il fiato sospeso, guida compresa, finché il ritorno alla normalità ha causato una fragorosa risata liberatoria di tutti i presenti. Emblematico è stato il commento della guida: “Sono gli Challant che si lamentano perché abbiamo detto che sono stati troppo sbrigativi nella risoluzione del problema”, che lascia aperta la possibilità che qualcosa succeda realmente tra queste mura.

Proseguiamo la visita con la pelle d’oca. Le pareti qui al castello di Ussel non sono affrescate, si suppone che venissero adornate con gli arazzi o strisce di cuoio, anche per contenere il calore sprigionato dai camini. Le stanze sono poi spoglie, prive di mobili. La guida ci dice che i castelli medievali erano abitati da corti itineranti, che quando si spostavano portavano con sé lo scarso mobilio: panche, tavoli e cassoni.

La visita è finita, dobbiamo abbandonare questo luogo suggestivo che ci ha lasciato la strana sensazione di esserci finalmente avvicinati a qualcosa di concreto, un piccolo indizio o chissà. Ripercorriamo il sentiero di ritorno pensando che, prima o poi, torneremo in questo luogo.

Durante il viaggio di rientro ad Aosta ci viene in mente che lungo il tragitto si passa per Saint-Marcel e quindi al posto di prendere l’autostrada decidiamo di percorrere la Statale 26. E in breve ci siamo, qui sì che ci vengono i brividi.

Al castello di Saint-Marcel si arriva direttamente con la macchina, infatti il maniero è sul ciglio della strada del paese. Si può parcheggiare praticamente di fronte al castello e, come molti sapranno, visitarlo solo esteriormente in quanto è sottoposto a restauro.

Il castello risale probabilmente al trecento ed è un esemplare dei castelli monoblocco legato alla famiglia Challant. Nel XVII secolo la proprietà del castello passò ai Bianco di San Secondo, in seguito alla società delle miniere ed infine nel XX secolo nelle proprietà del comune.

L’abbandono al quale è andato incontro ha fatto del castello di Saint-Marcel un edificio pericolante prossimo alla rovina. È per questo motivo, che è stato predisposto un intervento restaurativo con lo scopo di mettere in sicurezza il complesso.

Ci accingiamo ad esplorare la parte posteriore del castello, quando la presenza di una adorabile vecchietta, intenta a cucire e seduta vicino alle mura del castello, ci impedisce di fare fotografie e proseguire. Così, sconsolati, dopo qualche scatto, lasciamo Saint-Marcel alla volta di Aosta.

La giornata è stata pesante, ma iniziamo ad avvertire un certo languorino e ci viene in mente che appena prima di Aosta, a Quart, abbiamo visto lungo la strada la presenza di un ristorante cinese. Si tratta del Sushi Man, un locale piuttosto grande che propone il classico All you can eat.

Dobbiamo premettere che siamo abituati bene e che, a conti fatti, si trattava solo di cenare. Per questo motivo diciamo che abbiamo cenato..

Rientriamo abbastanza presto in albergo, anche perché domani sarà una giornata lunghissima. Ci aspetta la visita di altri due castelli, rifare i bagagli, acquistare souvenir e prodotti tipici e il viaggio di ritorno.

Il giorno seguente, dopo aver apprezzato nuovamente la buona colazione dell’hotel, carichiamo l’auto e restituiamo le chiavi. Decidiamo di concederci un’ultima passeggiata all’interno del borgo di Aosta, dove ci fermiamo ad acquistare qualche assaggio da portare a casa. La bottega degli antichi sapori è quel che fa per noi: fontina, prosciutto crudo di Saint-Marcel, formaggio di alpeggio e la classica e buonissima mocetta. Il tutto condito con una piacevolissima chiacchierata con il gentile proprietario.

Siamo di nuovo sulla strada, questa volta l’autostrada. Uscita obbligatoria Verrès. È qui che ci attende la tanto attesa visita al castello di Verrès. Arriviamo in paese e ci ricordiamo di aver letto che c’è la possibilità di salire in macchina fino all’imbocco del sentiero pedonale che porta al maniero.

Indubbiamente una bella passeggiata, soprattutto se presa con calma ammirando il panorama e i due simpatici pelosetti che ci guardano dal cancello. Salendo vediamo un bel prato di erba verde, dove ci fermiamo a fotografare un asino.

Saliamo fino in cima al sentiero e intravediamo più da vicino le mura del castello, costruito su un picco roccioso dal quale si gode di una splendida vista su tutto il borgo sottostante. Anche il castello di Verrès, citato già dal 1287 nelle proprietà dei signori De Verretio, è stato fortemente legato al destino della famiglia Challant.

Fu infatti Renato di Challant che nel 1536 diede il via ad un ammodernamento del maniero sotto l’aspetto difensivo, la costruzione di una cinta muraria e la realizzazione dell’antiporta con il ponte levatoio.

Al termine del sentiero di pietra ci troviamo di fronte il portale di ingresso che un tempo si avvaleva del doppio ponte levatoio, uno per il passaggio dei soldati a cavallo e uno pedonale sulla sinistra.

Una volta all’interno, visto che siamo un po’ in anticipo rispetto alla visita guidata, diamo un’occhiata sul fianco del castello e alla parte posteriore, dove c’è anche un bel prato. Scopriremo più tardi, grazie alla spiegazione della guida, che sì, quelle che abbiamo individuato sulle mura del maniero sono proprio le antiche latrine e il fabbricato che oggi ospita le toilette erano le scuderie del castello.

Una volta entrati dal portone di ingresso, ci si trova in un’ampia stanza che serviva per fermare eventuali intrusioni. Nelle pareti sono infatti presenti le feritoie, attraverso le quali i soldati potevano mirare e colpire gli incursori.

Da qui ci spostiamo all’intero, dove è presente un androne quadrato a cielo aperto, che veniva utilizzata per la raccolta dell’acqua piovana. Un tempo la cisterna, che conteneva 50mila litri d’acqua, era interrata e il pavimento era inclinato per permetterle di defluire all’interno. Oggi, al centro si trova un pozzo inserito durante i lavori di restauro.

Dallo scalone monumentale ad archi rampanti, si accede al primo piano, riservato ai signori del castello. Al secondo piano troviamo gli appartamenti dei soldati e all’ultimo piano e sottotetto i locali utilizzati come deposito e magazzino e stanze della servitù.

La guida ci fa notare la differenza tra i due archi che sovrastano i portoni d’ingresso ai saloni: uno a tutto sesto (romanico e la parte più antica del castello) e l’altro a sesto acuto (gotico). I saloni del piano terra sono posti uno di fronte all’altro.

Il primo, dove ci sono due grandi camini, è stata la sala di rappresentanza, e successivamente, la sala da pranzo dei soldati. Era collegato alla cucina attraverso il passavivande. Da questa sala c’era un passaggio segreto, oggi murato perché irrecuperabile, che collegava il piano terra con il primo piano.

Si passa poi nell’altro salone, non riscaldato, utilizzato inizialmente come scuderia e successivamente come armeria. Oggi viene utilizzato come salone delle feste durante Il Carnevale storico di Verrès, che rievoca un fatto realmente accaduto che riguarda Caterina di Challant.

Salendo la scalinata si accede alla camera da letto con la doppia latrina, probabilmente riservata alla personalità più importante del castello. Le latrine, come avevamo intuito, scaricavano direttamente sulle mura posteriori che danno sul parco.

La guida ci conduce in altre stanze, come la cucina della guarnigione, la stanza adibita a corpo di guardia e la sala da pranzo padronale. Nella cucina patronale c’è un camino monumentale dove venivano cotti gli animali interi e l’unico ambiente del castello con il soffitto originale che comprende anche lo stemma della famiglia dei Challant, con le iniziali di Renato Challant.

Ritornati nei pressi dello scalone, la guida ci informa che purtroppo non si può proseguire ai piani superiori per questioni di sicurezza. L’accesso sembra sia stato chiuso nel 1987 e resterà chiuso finché non verranno effettuati i lavori di messa in sicurezza.

Per gentilezza la guida ci descrive comunque cosa avremmo visto al secondo piano. L’unica grande differenza risultano i soffitti, che al piano superiore sono tutti in pietra. Scendiamo lo scalone e ritorniamo nell’androne prima di salutare la guida e uscire dalla “porticina dei soldati“.

Delle due stanze sotterranee utilizzate come prigioni la guida fa solo un accenno, ma non rientrano nel percorso di visita. Chissà, prima o poi verranno fatti i lavori e sarà di nuovo possibile percorrere il camminamento esterno..

La visita al castello di Verrès e la discesa ci hanno messo appetito, quindi non indugiamo nemmeno un minuto e, ripresa la macchina, ci dirigiamo verso l’ultima delle nostre mete: Issogne! Il paese di Issogne è molto vicino a Verrès e al nostro arrivo troviamo una bellissima sorpresa: oggi c’è la sfilata storica in costumi antichi! Scopriremo poi che si tratta del festival “Medioevo nella terra degli Challant“.

Nel frattempo, seguendo la scia di un profumino delizioso ci ritroviamo di fronte al Bar Albergo Brenve, dove ci uniamo ai partecipanti e assaggiamo una squisita polenta alle ortiche, spezzatino e un dolce tipico del posto.

Finiamo velocemente di pranzare perché la guida ci sta probabilmente già aspettando e raggiungiamo il castello, che è lì a pochi passi.

Anche il castello di Issogne era di proprietà della famiglia Challant, la famiglia nobiliare più importante della Valle d’Aosta. Entrati all’interno del cortile, la guida attira la nostra attenzione sulla fontana del melograno, che è il simbolo del castello. Essa rappresenta un ideale dono di nozze per il matrimonio del nipote di Giorgio di Challant avvenuto nel 1502. Il melograno simboleggia la prosperità e la fertilità, mentre le foglie di quercia la tenacia e la resistenza.

Inoltre, la forma ottagonale della vasca voleva ricordare le fonti battesimali dove venivano battezzati i bambini. E proprio di bambini, soprattutto maschi, era carente la famiglia. Infatti, nel 1802, a causa della mancanza di eredi maschi, la famiglia Challant si estingue e il castello di Issogne va incontro ad un lungo periodo di abbandono e rovina. Fino al 1872, quando il pittore Vittorio Avondo rileva il castello e decide di restaurarlo.

Alle nostre spalle c’è uno spazio diviso da una cancellata, dove venivano cucinati i cibi per la servitù ma, non approvando il genere, abbiamo deciso di non fotografarla per via di due trofei di caccia (camoscio e stambecco) imbalsamati e appesi alle pareti.

Attraverso l’originale scala, saliamo al piano di sopra e ammiriamo la vista sul giardino e sulla fontana.

La scritta sopra all’ingresso, che vedete nella foto qui sotto, rappresenta una iettatura: tutti coloro che parlano male degli altri e spettegolano non entrino qui, noi difendiamo la porta e saranno maledetti, il diavolo se li porterà.

Proseguiamo ed entriamo nella Camera della Torre, adibita a biblioteca. La Torre è la parte più antica del castello ed è in comunicazione visiva con il castello di Verrès, fortezza difensiva della famiglia.

Arriviamo alla Sala del Re di Francia, con la porta intarsiata originale. In questa stanza è originale anche il letto e le tre statue. Scendiamo al piano di sotto e vediamo la Sala d’Armi, un bel salone arredato da Vittorio Avoldo con rastrelliere che reggono armi antiche. Tra i pezzi più pregiati c’è il corno.

Ultimo ambiente della visita è la Sala di Giustizia. Eccoci alla fine della nostra visita guidata al castello di Issogne, purtroppo tutte le cose belle sembrano durare pochissimo. Una volta usciti dal maniero, non ci sembra vero di dover prendere la strada di casa, ci stavamo bene girando per queste fortezze ricche di storia. Nel nostro programma c’erano anche altre tempo che, purtroppo, a causa della mancanza di tempo, dovremo rimandare ad un prossimo futuro.

Tra queste la visita al forte di Bard, che vediamo solo dalla strada mentre ci allontaniamo. A consolarci lo spettacolo di una cascata, una delle meraviglie di questa incredibile regione!

DOVE: Località Chez-Sapin, 1 FENIS (AO) – 0165764263

Periodo e orari di apertura
Da ottobre a marzo: 10.00-13.00/14.00-17.00
Giorno di chiusura Lunedì; 25 dicembre e 1 gennaio
Da Aprile a Settembre: 9.00-19.00 orario continuato

Biglietto intero euro 7
Biglietto ridotto euro 5 (studenti universitari, gruppi superiori a 25 persone,
Gratuito per bambini e ragazzi dai 0 ai 25 anni, scolaresche, portatori di handicap, insegnanti e accompagnatori di scolaresche, possessori card Abbonamento Musei